Editoriali

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L’originale storia di Sara Mariotti

SAN SALVO  | Chi, navigando in rete, andasse su rivista.inutile.eu vi troverebbe un gustosissimo racconto di una nostra concittadina: Sara Mariotti, figlia di Gianni, noto chirurgo ed attuale consigliere comunale. E resterebbe favorevolmente impressionato

dal non lunghissimo racconto di Sara, come è capitato a me. Infatti, si tratta di una gustosissima, anticonformistica ed originale partecipazione al funerale del padre da parte di un giovane meridionale, che vive in Messico e che  torna apposta per il triste evento. Cosa che però l’autrice, che scrive in prima persona e che nutre un legame “sostanzialmente” affettivo col giovane, non dice preliminarmente. E che fa sapere solo quando, dopo averlo presso all’aeroporto, lungo il viaggio in macchina e nei pressi di Noa (nome cambiato di una frazione di Lecce), nasce l’esigenza di entrare in un negozio per comprare una camicia adeguata alla circostanza. Sarà proprio nel negozio, di fronte ad un  commesso allibito, che verrà rivelato il motivo dell’acquisto. Cosa inusuale, come inusuale è lo stesso rapporto tra i due, che si vedono e sentono da anni, ma con lunghe pause, perché si lasciano fare. La storia si conclude una volta tornati all’aeroporto, dopo la partecipazione alla mesta cerimonia, con Andrea e Lara che si salutano con due buchi nello stomaco, due buchi che li tengono in vita. Ogni storia ha la sua morale. Non sappiamo a quale morale abbia pensato la Mariotti scrivendo la sua storia. Ma certo noi una morale ce la vediamo nel bel racconto titolato Se mi lasci fare, vale, che è questa: si possono vivere gli eventi  della vita con estrema libertà, quanto meno dalle normali abitudini e convenzioni cui ci abitua la nostra cultura. Epperò, alla fine, dai sentimenti non si sfugge. I sentimenti, il dolore per un lutto, la tristezza di una partenza (che Sara chiama buchi nello stomaco) alla fine si presentano e ti presentano il conto. Si manifestano anche se in una originale relazione o esistenza non ti condizionano più di tanto, ma comunque ci stanno e servono per tenerti in vita. Pur stando lontani dal proprio paese d’origine o, come in questa storia, dalle convenzioni sociali ordinarie si ha bisogno di un qualcosa che ti lega alle tue radici, al tuo vissuto, al tuo io profondo. Forse Sara, che è laureata in giurisprudenza (e che vive di questo a Bologna, come è scritto nelle note biografiche sotto il racconto), resta legata al suo Io profondo scrivendo storie come questa, in cui cita e parafrasa Julio Igleasias e la sua canzone più nota: Se mi lasci non vale. Forse il padre gliela canticchiava per farla addormentare da bambina: i tempi ci sarebbero visto che Iglesias la cantava sei anni prima che Sara nascesse. Forse è qui l’ancoraggio al vissuto reale di una storia originalissima e gustosissima, che consigliamo a tutti, non solo perché ad averla scritta è una nostra concittadina, ma perché si legge e ci si diverte insieme, si legge e si riflette, si legge e si viene portati in una realtà sostanzialmente anticonformista, ma nel contempo ancorata a quel qualcosa che ti tiene in vita, perché è reale, è normalmente reale. Come le note di una canzone del più normale dei cantanti degli anni settanta, Julio Iglesias, che, a pensarci bene, era pure lui un anticonformista: cantava col doppiopetto e la cravatta in un  decennio egemonizzato dagli Edoardo Bennato e Rino Gaetano, dai Lucio Dalla e Fabrizio De Andrè, i cantautori – contestatori. Iglesias cantava Se mi lasci non vale, mentre Sara Mariotti scrive Se mi lasci fare, vale. Noi la lasciamo fare, anzi la lasciamo pensare e scrivere, in attesa della prossima gustosa storia.

                                                                                                                                             Orazio Di Stefano