Grazie a Gianluca Castaldi e a Nicola Dario ho avuto la possibilità di trascorrere l' intera giornata di ieri con Nunzia Catalfo, ministro del lavoro della Repubblica italiana. La qual cosa mi ha consentito di apprezzarne le doti umane, prima ancora che politiche.
Il primo incontro è fissato alle 11, 30 nella sala convegni di Pilkington, ma la Catalfo arriva in anticipo di una mezz' oretta e si ferma a parlare con i lavoratori della Yokohama, che rischiano il posto di lavoro oltre che per fumarsi una delle tante sigarette, che le consentono di interrompere temporaneamente l' istituzionalita'.
Alle 11,30 inizia il confronto con le parti sociali. Attacca Graziano Marcovecchio, presidente di Pilkington e Assovetro, e mirabilmente collega le iniziative oggi in programma, spiegando che un filo rosso lega le lotte del Bosco a San Salvo, l' eccidio di Lentella, la battaglia per il metano a Cupello alla più grande azienda che ci ospita: il lavoro.
Il lavoro quale affermazione della dignità umana (per dirla con tutti i Papi postconciliari).
Il lavoro che Confindustria e sindacati, Cna e Unipmi, Gennaro Strever e Graziano Marcovecchio sono venuti a chiedere al ministro del lavoro. Ma senza in cappello in mano, parlando di infrastrutture e innovazione, ricerche e pensionamenti, covid e ripresa, lavori gravosi e lavori usuranti.
L'incontro evidenzia che c'è un altro filo rosso che lega sindacati e datori di lavoro, manager e lavoratori presenti: il benessere collettivo, quello invocato da padri e nonni settant'anni prima, quando la Siv era di là da venire.
La Catalfo percepisce questa comunanza di intenti ed elogia pubblicamente il territorio, quindi fornisce alcune "informazioni" su leggi, circolari e provvedimenti poco noti al grande pubblico.
Lo stesso farà con me, nel successivo incontro con la stampa locale, quando le chiedo del reddito di cittadinanza (a lei che ne è stata l' ideatrice e l' estensore).
Non ci casca nel "tranello" giornalistico e non si mette a fare polemica, anzi mi sorride e pazientemente mi spiega che il "vituperato totem cinquestelle" del rdc partirà solo quando le Regioni italiane assumeranno 11.600 esperti tra psicologi, sociologi, orientatori, economisti capaci di... far partire politiche attive.
11.600 nuovi dipendenti regionali? Francamente non lo sapevo. A pranzo chiedo al consigliere regionale Pietro Smargiassi, che mi conferma che alla Regione Abruzzo non se ne parla. Come lo vedo, chiederò al Dirigente dellle politiche attive del lavoro, Raimondo Pascale: vediamo se almeno lui sa qualcosa.
A proposito del pranzo: si va a Masseria Zinni, un locale a me caro. Stavolta Antonietta supera sé stessa: il pollo porchettato incanta tutti. La Catalfo apprezza i prodotti tipici abruzzesi o molisani: siamo a Contrada Padula, quindi a Montenero. Si alza più volte per andare a fumare e attraversando i tavoli si ferma amabilmente a chiacchierare come una vecchia amica, senza minimamente far apparire il suo status di membro del Governo italiano, come del resto farà poco più tardi al float.
Alle 15,30 si torna in Pilkington. Ci accompagnano nel cuore dell' azienda: l' alto forno float, che non è stato spento nemmeno durante il lookdown.
Quest' azienda fu inaugurata dal presidente del consiglio dei ministri Aldo Moro e poi visitata da ministri del calibro di Remo Gaspari e Gianni Michelis. E da leader emeriti del calibro di George Bush padre e Matteo Renzi. Ma costoro si erano "fermati" alla elegante sala convegni (nata con le poltroncine verdi, ora rosse) per essere ricevuti all' ultimo piano del "palazzo di vetro". La Nsg non ha mutato l' impianto fordista della Siv ed il management è gerarchicamente distribuito dai piani bassi a quelli alti.
Invece la Catalfo, come aveva fatto San Giovanni Paolo II trentasette anni fa, va nei reparti produttivi e si ferma a parlare con gli operai del float, verificando come avrebbe fatto qualsiasi ispettore del lavoro che le maestranze fanno lavori usuranti ancorché gravosi.
Poi alle 17 andiamo a lu virricce. Sulla rotonda di Via Trignina a San Salvo dove il Bosco e la bandiera ha messo su una scultura a ricordo delle lotte per il disboscamento del 1950.
La Catalfo viene incantata dall' unico testimone di quella lotta, Fioravante D'Acciaro e dal nostro cantastorie, Fernando Sparvieri. Il sindaco le si avvicina e le chiede se comprende le parole di Sparvieri in dialetto abruzzese. Risponde di sì. Se non proprio le parole, questa siciliana di Catania comprende il tremore nella voce di Fioravante ancora angosciato dopo settant' anni e nella litania del canto simile ai versi di Verga e Sciascia che racconta di quanto lo Stato era forte coi deboli e debole coi forti, per dirla con Nenni.
Parla dopo tutte le autorità locali, provinciali e regionali, dopo le organizzazioni sindacali che promossero la lotta del Bosco.
Presentandola, le chiedo: nell' 82 il generale Dalla Chiesa venne da voi per riconciliarvi lo Stato. Oggi lei qua è venuta per riconciliarci con lo Stato o per rappresentarlo.
Anche stavolta non ci casca. Mi risponde dopo una pausa profonda e commossa: sono venuta per rappresentare lo Stato: lo Stato democratico fondato sul lavoro.
Lo stesso Stato che settant' anni fa rispose schierando un plotone di 600 carabinieri contro poveri contadini disoccupati che il lavoro se lo volevano creare da soli e mettendo a coltura un bosco che lo Stato stesso, ai tempi di Napoleone, aveva espropriato alla Chiesa.
Chi sa perché un terreno demaniale, quindi dei cittadini, non poteva essere coltivato allora. Forse proprio per essere uno Stato forte coi deboli.
Quella del 12 marzo del '50 fu una frattura seria, fu un trauma sociale che segnò un' intera generazione di povera gente che seppe poi ruscattarsi dalla fame e regalarci il benessere.
Oggi quel trauma è superato, perché lo Stato ha mandato un suo Segretario (il ministro Catalfo) ed un suo Sottosegretario (Gianluca Castaldi) a dirci che adesso i poveri sono da tutelare, che nessuno deve rimanere indietro e che le Forze dell' Ordine sono schierate dalla parte dei cittadini e non contro.
Ods