La second life dei disabili psichici. A Guardiagrele l’assistenza sperimenta nuovi percorsi
Almeno farli vivere meglio si può. Questo si erano detti al Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Guardiagrele un anno e mezzo fa quando aveva accolto 12 disabili adulti, provenienti da altre strutture del territorio. Cinque donne e sette uomini, in età compresa
tra 34 e 61 anni, affetti da insufficienza mentale grave, tetraparesi spastica e disturbi del comportamento: pazienti in una condizione assai critica, in termini di capacità di movimento, cognitive e di relazione, cura della persona.
«Senza alcuna ambizione, ma mettendo in campo senso della cura e umanità - racconta Lucilla Gagliardi, responsabile del Pta - abbiamo sviluppato un progetto di assistenza finalizzato a recuperare e mantenere livelli di autonomia e abilità comunicative residue, tali da consentire variazioni della terapia farmacologica e forme di integrazione nel tessuto sociale della comunità. Dopo oltre un anno, abbiamo ottenuti risultati concreti e misurabili attraverso la scala Fim, che censisce attività della vita quotidiana e consente di ottenere un indice quantitativo della disabilità della persona».
I punteggi ottenuti mediante tale sistema di misura hanno evidenziato un miglioramento dell’autosufficienza dei pazienti, soprattutto riferita alla capacità motoria. Inoltre una quota significativa di pazienti si è avvantaggiata della riduzione della terapia farmacologica, mentre altri hanno guadagnato la possibilità di uscire dalla Residenza accompagnati da un familiare o tutore legale. Ma nel complesso tutti gli ospiti hanno mostrato un sensibile miglioramento delle capacità relazionali e qualità della vita, soprattutto grazie alle attività che hanno permesso loro di lavorare e interagire con la comunità locale e con l’esterno più in generale.
Diverse le iniziative che sono state messe in campo, dai laboratori creativi per la realizzazione di oggettistica con varie tecniche alla collaborazione con l’Ente mostra dell’artigianato artistico, collaborazione con Unicef per realizzazione e vendita delle pigotte, uscite settimanali per gite in montagna, serate in pizzeria, partecipazione a feste del paese e al soggiorno vacanza offerto dal Rotary. Insomma tutta un’altra vita per pazienti che sembravano condannati a un’esistenza marginale, fatta di nulla, e che, invece, sono stati recuperati in virtù di un modello di assistenza basato sulla promozione dell’integrazione e l’acquisizione di maggiori livelli di autonomia dei disabili adulti.