Tonino Pacchioli, il più forte bomber degli Anni 60
Il termine “bomber” è nato in Italia per esaltare l’abilità in fase realizzativa degli attaccanti. Il bomber più forte della “Tenax San Salvo” negli anni Sessanta fu Tonino Pacchioli. Faceva il manovale edile (lu mannèbbile) alle dipendenze di una ditta locale, ma la sua passione era il calcio.
Dopo una massacrante giornata di lavoro sotto il sole, inforcava la bici e si recava di gran carriera al campetto di corso Garibaldi. Pacchioli , di propria iniziativa, costituì tra gli amici una squadra di calcio. La nuova realtà si chiamò Tenax. La formazione era composta dai seguenti giocatori: Tonino Pagano, Guerino Di Febo, Rocco Samuele, Mario Ialacci, Fabrizio Levino, Provino Ialacci, Cesario Raspa, Felice Tomeo, Antonio Chica , Mario Fabrizio, Pasquale Grassi, Achille Pellicciotta, Nicolino Fabrizio, Vitale Ciavatta, Michele Molino. Le sfide erano, per lo più, contro le squadre del circondario: Cupello, Fresagrandinaria, Celenza, Palmoli, Montenero di Bisaccia. Indossavano le maglie sdrucite della gloriosa società sportiva “Tenax” definitivamente sciolta. Tonino Pacchioli, capitano della squadra, aveva un mostruoso fiuto per il gol, infatti segnava quasi sempre. Si piazzava nell’area di rigore avversaria, e appena riceveva il passaggio da un compagno, s’impossessava del pallone, e con estrema facilità lo scaraventava in rete. Era leggermente basso, eppure si faceva valere nelle mischie sottoporta. La prima partita ufficiale fu contro una squadra di una frazione di là dal fiume Trigno, Montebello. Essendo poco il tempo a disposizione, i giocatori, per raggiungere prima il “campo di gioco”, si fecero trasportare sulla canna della bicicletta dai loro compagni. La partita si svolse su un terreno ‘nghì la ristràppule (con le stoppie). La porta era formata da un insieme di rami di un grande fico. Il pallone vecchio e consumato, fu gonfiato e chiuso con un laccio di cuoio. Vinse la Tenax per 3 a 2. Pacchioli mise a segno una bella doppietta. Alla fine della gara, il padrone del campo offrì ai giocatori l’acqua freschissima del pozzo della masseria, li filacciéne (fioroni), li pricissòtte appena colti. Allora, si giocava solo e soltanto per passione. Tonino Pacchioli è un testimone di quei cari tempi di una volta, che non torneranno mai più.
Michele Molino