Se dovessimo fare una classifica dei più grandi calciatori salvanesi di tutti i tempi, il primo posto spetterebbe di diritto ad Antonio Bevilacqua, sia per i meriti sportivi sia per la sua grande personalità dentro e fuori dal campo. “Tonino”, così lo chiamano gli amici, quarto di cinque figli, fin da bambino trascorreva
le sue giornate giocando a pallone con gli amici. Il suo talento cristallino si notò già da allora. Entrò negli Allievi dell’ U.S. San Salvo. L’allenatore Pasquale Spinelli al cospetto di quel ragazzino di media altezza e dalle gambe un po’ arcuate, storse la bocca, ma vedendolo giocare, comprese che era un mostro di bravura. Tonino a 13 anni fu ingaggiato dall’Ascoli. Giocò per due anni con la squadra giovanile. Nel 1970, sedicenne, fu convocato dall’Atalanta (Serie A) per un provino. Il mister restò incantato dalle sue serpentine, dai suoi scatti rabbiosi, dal suo tiro secco e violento e dai suoi passaggi precisi. La società bergamasca poteva rinunciare ad un simile talento? Gli fece firmare un sostanzioso contratto. Antonio appena sul campo, mise in atto le sue caratteristiche atletiche e tecniche, che gli fecero guadagnare il passaggio nella Primavera. Lui e Gaetano Scirea diventarono amici inseparabili. In campo, avevano lo stesso ruolo: trequartista. Fu una lotta accanita per un posto da titolare. L’allenatore atalantino preferì il giovane talento salvanese, il quale entrò in pianta stabile nella Primavera. Gaetano Scirea fu costretto a rassegnarsi. Per Tonino stava per concretizzarsi l’esordio ufficiale in Prima Squadra, ma restò bloccato da un brutto infortunio; la società fu costretta a rinviare il suo esordio in campo. Antonio diventò nervoso, irascibile, scontroso. Pensava continuamente ai suoi genitori, ai fratelli, agli amici, al paese natale. Stava male. Una mattina presto, sistemò la valigia e salì sul treno con scalo alla stazione di San Salvo. Antonio Bevilacqua ha avuto l’opportunità di sfondare le barriere del calcio più importante, ma si è lasciato trasportare dal legame viscerale con la sua terra natale. Il bel sogno di approdare in Serie A svanì nel nulla, lasciando in lui, un amaro rimpianto.
Michele Molino