Lettera alla Befana: Ripartire dagli ultimi con passione civile»
Cara Befana, dobbiamo affidarci a una speranza: non essere viaggiatori smemorati e distratti nel tempo che ci è dato, ma interrogare
il tempo e lasciarci interrogare dal tempo. Non essere consumatori passivi e liquidi di quanto riusciamo a stringere tra le mani, ma costruttori di una storia che è altra da quella che accade. "Non riusciamo più a dire parole vere. I tempi sono cattivi", dicevano accorati donne e uomini a Sant'Agostino mentre i fondali della storia venivano bruciati e rovesciati. E lui rispondeva: "Non dite che i tempi sono buoni o cattivi, perché noi siamo i tempi". Abbiamo bisogno di nuovi investimenti di passione civile, oltre il pessimismo rinunciatario, la denuncia strumentale, la retorica verbale, la rassegnazione inerte. Quanti sono presenti nelle istituzioni e nel servizio politico recuperino capacità di visione, per non inseguire solo brandelli di aggiustamenti settoriali ed episodici che non fanno sistema. Visione alta e nello stesso tempo capace di rimodularsi ripartendo dagli "ultimi", e sono tanti, e sono visibili e nascosti. La complessità del presente sia da tutti affrontata con uno sguardo culturale non omologato (siamo in tempi di decadenza culturale), capaci di produrre umanesimo vissuto e praticato. E i cristiani abbiano il coraggio di uscire da una fede privatistica, di assumere senza censure il Vangelo e, come orizzonti di percorso, l'accoglienza e la promozione della dignità di ogni persona. Una dignità che non può non passare attraverso il lavoro, vera e fondamentale priorità per la nostra regione e soprattutto priorità lancinante dell'Abruzzo interno e montano. I credenti sappiano essere la nota stonata e differente in una società che non può essere abitata soltanto da cinici espositori della propria immagine. Gli operatori dei media si impegnino ad essere dentro la notizia cercando e facendo emergere quelli che non fanno notizia, ovvero la pagina invisibile che torna a essere grido e invocazione. A noi, "uomini di Chiesa", compete oggi di essere voci e volti della misericordia di Cristo, capaci di vivere per il popolo, perché la vera cattedra si costruisce soltanto nell'essere Pastori e Fratelli.
Mons. Pietro Santoro Vescovo di Avezzano