La famiglia Fabrizio (carruzzìre) dette del filo da torcere alla banda del brigante Pomponio
L’immensa distesa di boschi, che copriva in passato la piana del Trigno, era un perfetto nascondiglio per il famigerato capo brigante Giuseppe Pomponio e per i suoi compagni. Gli abitanti del borgo di San Salvo, quando il capitano della milizia Luigi Ciavatta fu massacrato
da Giuseppe Pomponio con due colpi di rivoltella, lungo il sentiero di “Celllarotta” oggi via “Caravaggio, per un lungo periodo di tempo non misero piede fuori dalla cerchia muraria, che chiudeva l’abitato. Al calar della sera, le porte venivano serrate da grosse catene di ferro, pertanto, i malviventi che dovevano fare uno spuntino e giocare a carte nella taverna di Angelo Fabrizio, lato ovest della chiesa San Giuseppe, attuale studio tecnico del geometra Pietro Fabrizio, s’infilavano attraverso un cunicolo umido e buio (forse era l’acquedotto del II sec. d.C. ?) e, carponi, penetravano nel borgo. Vitale Fabrizio, la moglie Angela Cilli e i suoi numerosi figli non avevano mai condiviso il comportamento ossessivo dei briganti; infatti giurarono di difendere la famiglia e l’abitazione fino all’estremo della vita; abitavano in un grosso casamento vicino alla chiesa di San Giuseppe. Nel pianterreno possedevano stalla per i cavalli e un camerone da cui partivano i servizi di trasporto merci e di trasporto persone con carrozza a traino equino per raggiungere Roma e Napoli. Perciò il soprannome di carruzzire. Pioveva e faceva freddo, la notte in cui una banda di briganti diede l’assalto alla casa dei “Fabrizio”, ma per limitare al minimo possibile il rumore prodotto, diedero fuoco al portone della stalla. Al bagliore delle scintille, tutti i membri della famiglia scattarono dal letto e cominciarono una sparatoria micidiale. I malfattori capirono che il combattimento si stava facendo più duro del previsto, così si allontanarono correndo a perdifiato nell’oscurità della disciàse de la fànd (attuale Fontana Vecchia). Peppino Artese, pronipote di Vitale Fabrizio, ex dipendente della Pilkington, ha riferito che dopo la fuga dei briganti della banda Pomponio, un componente della famiglia Fabrizio, esclamò con fierezza: ”Manghe li brihénd è riscìhute a vànge li carruzzire”. (Nemmeno i briganti sono riusciti a sconfiggere li carruzzire). Una notte diversi briganti stavano uscendo dalla porta della taverna; Vitale e figli afferrarono i fucili e si appostarono dietro le finestre. Il capo famiglia indicò subitoi di non sparare, fino a quando i briganti scomparvero. “ Il mio bisnonno, Vitale, era molto coraggioso - racconta Annina Fabrizio grande appassionata di storia locale - mai si sottomise alla prepotenza dei briganti, ma si oppose sempre, purtroppo pagò a caro prezzo la sua audacia. Infatti, la vendetta della banda non si è fatta attendere Una mattina mentre stava lavorando nel suo podere della Forma vecchia del mulino, due briganti lo freddarono a colpi di fucile da caccia”.
Michele Molino