Diciassette anni fa don Antonio Fusilli salvanese tornava a casa di suo Padre
Don Antonio Fusilli, ultimo di quattro figli, nacque a San Salvo. A nove anni sentì già il desiderio di diventare prete. Dopo aver conseguito la licenza elementare, entrò nel seminario di Francavilla d’Ete. Ordinato sacerdote a Vasto da mons. Loris Capovilla, diventò responsabile della parrocchia
di Sant’Achille a Roma. Dieci anni nel Santuario di Madonna delle Grazie di La Spezia. Tornò ogni anno nella sua amata San Salvo, in occasione della festa del santo patrono San Vitale. Penetranti le sue parole:“ I nostri nonni, quando passava San Vitale in processione, si prostravano in ginocchio davanti alla statua del martire e con gli occhi pieni di lacrime pregavano intensamente”. Il vescovo Edoardo Menichelli gli affidò l’incarico di vice parroco del santuario della Madonna delle Grazie di Monteodorisio. Riuscì ad edificare una splendida casetta su un colle di Montenero di Bisaccia, vicina una comunità di tossicodipendenti. A metà luglio, don Antonio, cominciò a sentire dei dolori fittissimi. Il suo stato di salute peggiorò di giorno in giorno. Gli esami clinici confermarono l’esistenza di uno dei tumori più devastanti. Cominciò per lui il calvario. Dopo atroci sofferenze assistito dai suoi cari, rese l’anima al Padre eterno. Il rito funebre fu officiato da mons. Edoardo Menichelli. Le persone che lo amarono, dove operò come parroco, (Roma, Milano, La Spezia ecc.) non mancarono al funerale. Dietro il feretro anche i giovani della comunità, con gli occhi inondati di pianto. Sulla lapide:” Non importa ciò che hai fatto o non hai fatto, importa ciò che hai atteso”. Una sera di luglio ebbi la fortuna di trascorrere una meravigliosa serata con don Antonio e con altri suoi amici. Alla fine, volle che visitassi la sua graziosa casetta dove si ammira il profilo azzurrino delle montagne, lo sfondo bluastro della vallata, San Salvo lunga e distesa come un serpente a sonagli. “Il mio desiderio - mi disse- è quello di vivere qui insieme agli amici, ai giovani, ai parenti e ai parrocchiani”. Quella casa piena di luce, adesso è vuota.
Michele Molino