In passato i Salvanesi non avevano grande dimestichezza con il mare. Al mare ci si andava con i carretti (traiène) soltanto il 15 agosto, festa dell’Assunta. Non esistevano i pescatori e pescivendoli in tutto il paese. Verso gli anni trenta è stato Gennaro vastese appartenente alla famiglia Raimondi
a “introdurre” a San Salvo qualche manciata di sardèll, rusciulètt e panucchiàll. Gennaro, quarto di sei figli, ogni mattina, alle prime luci dell’alba, riempiva il paniere di pesce appena pescato e, attraverso un viottolo, scalzo, raggiungeva lo spiazzale del palazzo ottocentesco dei Ciavatta, di fronte alla Porte de la Terre. Per richiamare l’attenzione della gente, faceva tre squilli di tromba e, ad alta voce, ripeteva: “A cchì ttè l’ucchië, ‘ngì vò l’ucchiàlë”. (A chi ha l’occhio, non necessitano gli occhiali da vista). Un chilo di pesce-mandorlo (puàscie-mennìle) costava sei soldi. Purtroppo nessuno gli si avvicinava perché aspettavano che lui abbassasse il prezzo. Si usava il baratto: con due uova si poteva ottenere fino ad un chilo di sarde. Le panòcchie (cicale di mare) rimanevano invendute, perché a quei tempi la gente non le apprezzava. Anche se Gennaro le offriva gratuitamente, c’era chi storceva il muso. Dopo anni, il pescivendolo comprò un cavallo, che chiamò “Tripolino” e che lo agevolò nel percorrere la strada da Vasto a San Salvo e viceversa. Era considerato un personaggio. Gli anziani ricordano che Gennaro non calzava mai le scarpe ed aveva una camicia di cotone e i pantaloni attorcigliati alle caviglie. Grazie a lui i Salvanesi cominciarono ad apprezzare il pesce e a variare la dieta fatta esclusivamente di pasta, legumi e verdura. Gennaro è scomparso nel 1975 all’età di 95 anni, ma il suo nome è rimasto vivo nella memoria dei più anziani.
Foto: Gennaro Raimondi
Michele Molino