Za ripéte ogn’ anne la tradiziòne,
na catàste di tecchie bbell’ e preparàte,
arrìve lu predd pe la benediziòne,
benzìne , zulfanéll, s’è ppicciàte!
È una strofa della canzone “Lu fòche de San Tumàss” .
A causa dell’ emergenza sanitaria slitta dal 2020 al 2021 “Lu fòche de SanTumàss”, una manifestazione tra le più suggestive e commoventi della tradizione salvanese. Bisogna risalire al 1745 per ricercare le origini. Il 20 dicembre, festa di San Tommaso Apostolo, una delegazione di notabili si recò a Roma per riportare a San Salvo l’urna di San Vitale donata dal cardinale Carafa, che a sua volta l’aveva ricevuta da Gioacchino Murat. Grande festa nel piazzale della chiesa di San Giuseppe per l’arrivo della reliquia del Santo. Cominciarono a scendere i fiocchi di neve (li cengiùne). L’aria si fece subito gelida. Venne accesa una enorme catasta di legna. Le campane suonarono a festa. San Vitale fu eletto patrono del paese. Da quella lontana e storica notte, ogni anno viene celebrato il rituale della tradizione. Per la prima volta in 275 anni, l’accensione del “sacro fuoco” non si ripeterà il 20 dicembre. Mancheranno, pertanto, in piazza San Vitale, le scintille lucenti e scoppiettanti, che sprizzavano felici dalla lunga fiamma nel buio della notte. Per i Salvanesi, quella fiamma che sale verso il cielo, significa appagamento, calore, conforto, felicità e messaggio di buon auspicio per l’anno a venire. Ssu fòche aricòrde la citilànze, che lu tembe bbell’ e senza li pinzìre…
Michele Molino