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CAMMINI ABITUALI. Piazza Rossetti: storia di una piazza

Italia Nostra ritorna finalmente nei luoghi della memoria vastese per condividere con tutti l'esperienza della conoscenza col suo inconfondibile stile. Torna con “Cammini Abituali”, un ciclo di incontri all’aperto, che avranno come scenografia e come protagonista la Città del Vasto.

«Nessuno avvertì la bellezza/dei cammini abituali» aveva scritto Jorge Luis Borges nel suo Barrio reconquistado. Non percorsi nuovi; ma quelli di sempre. Gli stessi di cui ognuno di noi crede di conoscere ogni cosa. In effetti, la bellezza di cui parla Borges è quella che balza di fronte al volto con gli occhi che guardano, non con quelli che vedono. Con gli occhi che interrogano e si interrogano; non con quelli che fissano il vuoto e passano avanti.  

In buona sostanza, la città si inventa (da invenio, io trovo) ogni momento che la si guarda con attenzione, La si scopre ogni qualvolta si cerca in essa ciò che è visibilmente nascosto ai soli occhi di chi vede. E allora proprio perché si tratta di rimuovere quelle patine e quei veli via via interposti alla sensibilità percettiva degli individui, non si può non tener conto di quei suggerimenti ermeneutici proposti da Italo Calvino e disseminati negli infiniti rivoli di Una pietra sopra che così recitano: «Per vedere una città non basta tenere gli occhi aperti. Occorre per prima cosa scartare tutto ciò che impedisce di vederla, tutte le idee ricevute, le immagini precostituite che continuano a ingombrare il campo visivo e la capacità di comprendere. Poi occorre saper semplificare, ridurre all’essenziale l’enorme numero d’elementi che a ogni secondo la città mette sotto gli occhi di chi la guarda e collegare i frammenti sparsi […]». Quasi a dire con il Rilke dei Sonetti a Orfeo: «Nostro compito ora è di connettere / parti e frammenti […]».  

Stando così le cose, la domanda da porre è la seguente: vogliamo cercare di guardare la città? La risposta è nella domanda.