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Scritto da Sansalvomare

VASTOGIRARDI RE FAJONE

Luoghi e formazione permanente

VASTO | Parlare di prodotto topico a Pietrabbondante significa discutere del rapporto tra gastronomia e Riserva della Biosfera UNESCO Collemeluccio-Montedimezzo Alto Molise. Vuol dire misurars

i con il cibo quale effetto di biodiversità e governance locale suddivisa tra sette comuni (Carovilli, Chiauci, Pescolanciano, Pietrabbondante, Roccasicura, San Pietro Avellana e Vastogirardi). Che implica, a sua volta, l’indissolubile intreccio tra insediamenti umani e storia dell’ambiente, monumenti naturali (il Re fajone di Vastogirardi con i suoi 26 metri di altezza e 7 di circonferenza), bacini fluviali (le sorgenti del Trigno sempre a Vastogirardi), i templi italici di Pietrabbondante e Vastogirardi (con la continuità tra culto italico delle acque e culto altomedievale micaelico nei resti della cappella di S. Angelo Indiano), il rapporto tra cielo e terra con l’osservatorio astronomico di S. Pietro Avellana), i tratturi (un segmento del Celano-Foggia), il tracciato in disuso dell’ottocentesca strada ferrata più alta d’Italia (la cosiddetta Transiberiana d’Italia) e della Società Operaia che racconta la nascita dell’omonimo cantiere ferroviario (Carovilli), le tradizioni popolari del fuoco, la grande area tartufigena di Carovilli (tartufo bianco). Senza dimenticare il menù festivo di tartufo conservato nell’Archivio d’Alessandro del castello di Pescolanciano.

Vastogirardi Le sorgenti del Trigno

Vastogirardi: Le sorgenti del Trigno

Vastogirardi Podio di Tempio italico con i resti absidati di chiesa altomedievale

Vastogirardi: Podio di Tempio italico con i resti absidati di chiesa altomedievale

Carovilli Torre

Carovilli: Torre

Da questo punto di vista, la Riserva UNESCO può costituire un paradigma organizzativo dell’intero progetto del Prodotto Topico. Il bacino idrografico del Trigno come porta d’accesso alla culla europea dell’uomo è il tema che va discusso in questa sede. A partire dal rinvenimento di resti di homo heidelbergensis (600.000 anni fa) nei paleosuoli paleolitici di Isernia con le straordinarie tracce di alimentazione preistorica che individuano mangiatori di carne cruda di animali già feriti o sbranati da altre bestie.

Isernia Resti paleolitici

Isernia: Resti paleolitici

L’intero percorso storico-antropologico-biologico che va dal crudo al cotto (e qui utilizzo la straordinaria definizione coniata da Claude Lévi-Strauss) trova in quest’area la sua più completa e articolata rappresentazione. Così, dal paleolitico superiore alla storia, da Isernia a Pietrabbondante alla cosiddetta Tavola di Agnone conservata nel British Museum, passando per il magnifico refettorio benedettino di S. Vincenzo al Volturno (VIII sec.) – che con Monte Cassino e Farfa costituisce uno dei riferimenti assoluti del cristianesimo occidentale – (ricordo, tra l’altro, gli affreschi della cripta di Epifanio e la predicazione di Ambrogio Autperto).
Qual è la ragione di queste rapide considerazioni? Molto semplice. Leggere in tale chiave la straordinaria definizione di gastronomia che Anthelme Brillat-Savarin offre nella sua Fisiologia del gusto (1825): «La gastronomia è la conoscenza ragionata di tutto che si riferisce all’uomo in quanto egli si nutre». Stando così le cose si capisce quanto gastronomica sia la praxis seguita dal Prodotto Topico nella Valle del Trigno. Quanto, cioè, la conoscenza ragionata di crudo e cotto diventi misurabile sulla base del rapporto fisico con i luoghi e sull’immaterialità culturale che in esso si produce. E quanto il lavoro contemporaneo dei cinque sensi diventi fisiologicamente determinante nell’ “assaporamento” del luogo.
In questa ottica, trovo esplicativo il riferimento a una comunità molisana storicamente legata alla Capitanata che il Prodotto Topico ha cominciato a incontrare. Parlo di Ielsi, dove il grano scandisce il tempo e la vita degli uomini. Il cotto? Non vi sono dubbi. Ciò che, affascina, però è il crudo. Qui cariossidi e steli diventano oggetti d’arte per devozione a un’antica salvezza. L’intera comunità assembla certosinamente chicchi di grano tenero per costruire architetture di tritico che hanno la durata del seme. Deperiscono, come tutti gli esseri viventi, con il trascorrere degli anni. Il grano non è solo gusto. Ma è olfatto, vista, tatto quando le téchnai producono forme (conservate nel MUFEG [Museo Festa del Grano]). Udito, quando meraviglia e stupore accompagnano lo scorrere delle traglie trascinate dai buoi dove sono allocate le fantasmagoriche fabbriche di grano. Questo – nei fatti – è il prodotto topico, identitario nel quale una comunità si riconosce attraverso il «consegnare» (tradere) alla «santa salvatrice» la propria autoproduzione di oggetti naturali.

Iels Traglia di Grano Mufeg
Ielsi: Traglia di Grano (Mufeg)

Ielsi carrozza di grano Mufeg


Ielsi: carrozza di grano (Mufeg)

Qual è il rapporto che può essere intrattenuto con questi “strani” universi che “parlano” la propria lingua ma che non sappiamo ascoltare? Non dico comprendere, ma, per l’appunto, solo ascoltare? Siamo in grado di prospettare un percorso di lifelong learning (formazione permanente) che, dalle primarie all’alternanza scuola/lavoro, dall’istruzione terziaria al post-pensionamento sappia in qualche modo educare al sapore/sapere dei luoghi? La rete del Prodotto Topico sta operando in questa direzione puntando sulla gastronomia – nell’accezione prima enunciata – come motore di tale indirizzo programmatico. Chissà! Potremmo forse trovare l’indicazione in quel singolare ingranaggio senza fine affrescato in trompe-l’œil nel restaurando complesso di Gesù e Maria a S. Martino in Pensilis.

 

Luigi Murolo