Il Prodotto Topico portavoce di storia e natura
Fara San Martino | Viaggio a Fara San Martino per scoprire i sapori di una tradizione italiana ancora segreta. Nella sala consiliare della Casa comunale di Fara San Martino alla presenza del Sindaco Giuseppe Di Rocco
si è svolta ieri la proclamazione del Prodotto Topico locale a cui è seguita la cerimonia di consegna dell’attestato di Cavaliere che il Comitato Scientifico, nelle persone di Anna Orsatti, Silvana Marcucci, Romeo Patricelli e Paola Tosti, ha conferito al primo cittadino in qualità di rappresentate della comunità locale. “Le peculiarità che affondano le radici nel nostro territorio sono l’acqua e la pasta –dichiara il Sindaco- e da circa 130 anni proprio la pasta rappresenta la punta di diamante dei faresi. Quest’occasione offre quindi l’opportunità di promuoverla come nostro Prodotto Topico”.
Il piccolo borgo di Fara San Martino sorge sul versante orientale della Majella ed è racchiuso all’interno dell’area del Parco Nazionale. Il toponimo “fara” –corpo di spedizione- contenuto nel nome denota l’origine longobarda del paese. Per la presenza di storici e illustri pastifici la località vanta l’appellativo di capitale mondiale della pasta. Antesignana delle aziende produttrici dell’antica arte pastaia è la De Cecco fondata negli anni dell’Italia preunitaria da Nicola De Cecco che inizia a realizzare la farina dal suo mulino di pietra. Successivamente il figlio Filippo Giovanni mette a punto il primo impianto di essiccazione artificiale ad aria calda permettendo in questo modo di prolungare la conservazione della pasta. La scoperta consente all’azienda già dal 1889 di esportare il proprio prodotto in tutto il mondo dandole così la possibilità di intraprendere il brillante cammino di internazionalizzazione.
La tappa odierna del Prodotto Topico che ha coinvolto anche le classi I Nc, IMa e IIINa dell’ITIS “E. Mattei” di Vasto e la IVA e IVC della scuola primaria “Sant’Antonio” I.C. 2 di San Salvo, ha consentito agli ospiti intervenuti di visionare gli ambienti tipici che caratterizzano la Riserva Naturale di Fara San Martino attraverso le riproduzioni fedeli proiettate nella sala audiovisiva del Museo Naturalistico. Le immagini ripercorrono un sentiero che porta alla scoperta delle biodiversità custodite all’interno della Riserva. Le Gole di San Martino, orgoglio del paese, sono oggi rifugio per diverse specie di uccelli quali l’aquila reale, il falco pellegrino e il picchio muraiolo. Anche la fauna vede la presenza di ricche varietà quali il pino mugo, vasti faggeti e nuclei spontanei di pino nero. Nel luogo sono custoditi anche i resti dell’antico monastero benedettino di San Martino in Valle del 1044 che la leggenda vuole successivo ad un preesistente convento di San Martino Eremita. Al Santo viene attribuita l’apertura delle pareti delle gole, eseguita con la sola forza dei gomiti, per dare modo alla popolazione locale di raggiungere i pascoli e le sorgenti in alta quota. Il monastero rimase per molto tempo sepolto sotto una frana tornando alla luce solo a fine ottocento. Il percorso naturalistico prosegue con la ricostruzione di una grotta pastorale e dell’ambiente tipico in cui vive l’ululone dal ventre giallo, anfibio raro, caratterizzato da un verso simile ad un ululato.
Parimenti suggestiva è la visita guidata al museo Macaronium che offre l’occasione di recuperare la memoria legata alle tradizioni e agli antichi mestieri. Una sapiente opera di rivalorizzazione dà la possibilità ai visitatori di apprendere tutte le fasi legate al ciclo produttivo delle stoffe e della lavorazione della lana e del lino.
Le limpide acque del fiume Verde fungono da cornice a questo incantevole quadro paesaggistico le cui sorgenti nascono dai laghi dell’Anitra a 1.055 m di altezza. Lungo il tragitto il fiume si arricchisce da risorgive derivanti dalle falde acquifere alimentate dal disgelo delle nevicate che in inverno cadono lungo le pendici del versante nord del Monte Campo. Rari quanto antichi segni di antropizzazione e la presenza di esemplari di trota Fario, con caratteristiche genetiche pure del ceppo appenninico, del granchio e del gambero fiume permettono a queste acque di rimanere pressoché incontaminate.
Il nucleo più antico del centro abitato è denominato Torrevecchia, nome che trae origine dall’antico casale ante monasterium di Terra Maggiore. I diversi toponimi attribuiti alla stessa località derivano dalla necessità di distinguere l’insediamento medioevale, dove aveva luogo il primo centro demico sorto attorno al monastero, da quello del nuovo borgo sviluppatosi a ridosso del castrum normanno svevo. Al feudo di Torremaggiore si poteva accedere esclusivamente attraverso una delle due porte delle quali solo la Porta del Sole è sopravvissuta al corso del tempo.
Paola Tosti