DOGLIOLA | La storia del “Giglio d’oro” narrata attraverso una passeggiata in compagnia del Prodotto Topico Ci sono tesori che non sono racchiusi in chiese e musei. Le più grandi ricchezze degli antichi borghi abruzzesi
, infatti, sono nascosti tra piazzette, vicoli e antiche facciate di storici palazzi. Scoprirli o riscoprirli rientra tra gli obiettivi che il Prodotto Topico ha stabilito di raggiungere attraverso visite guidate in compagnia di esperti conoscitori delle realtà locali. Questo il proposito che nel pomeriggio di ieri è stato messo in atto nel corso di una escursione compiuta da un folto gruppo di illustri rappresentanti del Comitato Scientifico accolti e accompagnati nel percorso dal sindaco di Dogliola Rocco D’Adamio, dal professor Ernano Marcovecchio e da Claudio Di Vincenzo, residente ed ferrato estimatore della storia dogliolese.
L’antico Paese, ricco di angoli suggestivi, sorge sul versante sinistro di un colle della bassa valle del fiume Trigno. Feudo delle famiglie Borrutti, Sanfelice, Astolfo, D’Avalos, Barone, Mazzi e Carracciolo, la sua prima documentazione storica risale all’anno 1115 quando Ugo di Grandinato dona a Giovanni, abate di S. Angelo in Cornaciano, il castello di Dogliola, con un ampio territorio i cui confini sono descritti nell’atto di concessione.
Nel 1267, in seguito all’insediamento degli Angioini sul trono di Napoli, il popolo dogliolese si allea con i fautori del partito imperiale sollevandosi contro l’abate S. Angelo in Cornaciano. A causa dei tumulti, i frati benedettini chiedono aiuto ai vassalli di Palmoli per sedare la rivolta e ripristinare l’autorità violata. I palmolesi, ristabilito l’ordine, restituiscono l’universitas di Dogliola ai feudatari. Successivamente, il 16 maggio dello stesso anno, l’abate Bonagino di Cornaciano, concede indulgenza plenaria a tutti i ribelli. Come ricompensa del loro intervento, i vassalli di Palmoli ottengono lo Jus di pascere, acquare e legare e di pernottare nel territorio di Dogliola, diritto di cui rimangono in possesso fino al 1490. In quegli anni, infatti, gli abitanti locali con una sentenza riescono a limitare l’esercizio dei privilegi derivanti dallo jus alla sola contrada dogliolese di S. Benedetto a Lama. La terra di Dogliola continuerà però a vedere praticati gli usi civici dai palmolesi anche nel corso del 1618 quando, sotto il dominio dei D’Avalos, i marchesi del Vasto spoglieranno di quel diritto il comune confinante traducendo in carcere tutti coloro che entravano nel territorio di Dogliola e facendo bruciare i ridotti e le capanne che custodivano gli animali. Con il successivo dominio del barone Severino nel 1699 Palmoli rivendica nuovamente l’antico privilegio.
L’infeudazione del paese non va però confusa con il Patronato e la badia di S. Maria delle Grazie di Dogliola che pervengono al Principe di S. Buono. Il sistema feudale prende corpo nel momento in cui l’abazia di S. Angelo e i suoi feudi passano dalla curia pontificia all’utile signore di Fresagrandinaria e di Sangro. Il primo abate commendatario da cui dipende la chiesa di Dogliola è Paolo il Sangro. In seguito il patronato è assunto da Ladislao d’Aquino per poi essere venduto a Cesare Caracciolo di Santo Bono.
Particolarmente affascinante è anche la storia della toponomastica del paese. Al viaggiatore fiorentino Serafino Razzi, le cui memorie sono descritte in una nota di diario datata 30 aprile 1577, si deve la ricostruzione dell’etimologia locale che vuole il toponimo Tegliola (Dogliola) derivato da “piccola teglia”. Al contrario la comunità residente riconduce a “giglio” l’originario valore semantico del nome locale.
Anche i “turcinill”, prodotto topico scelto per scendere in lizza, raccontano l’antica arte culinaria dogliolese. Questo alimento, simile alle scrippelle fritte, è un dolce tipico natalizio offerto agli ospiti della sagra paesana che si svolge nei mesi estivi.
Nel corso dell’appuntamento ha avuto luogo la cerimonia di proclamazione del Cavaliere del Prodotto Topico che ha consegnato l’attestato di nomina alla parrocchia di Santa Maria delle Grazie costituita da un gruppo di volontarie dedite alla preparazione del caratteristico cibo locale.
Paola Tosti