Al Consiglio si vedrà chi “MOR POVR MA UNEST”
SAN SALVO |Sulla vicenda da noi sollevata per l’esclusione dalle borse lavoro comunali di Bruno (leggi), dopo il nostro botta e risposta con l’assessore Travaglini,
le opposizioni hanno chiesto di discutere della vicenda in Consiglio comunale, proponendo una Commissione d’inchiesta per capire se l’esclusione è regolare o meno. Ci appare pertinente questa richiesta, perché nessuno dei due politici che gestiscono il settore hanno detto che la graduatoria è legittima. Non l’ha detto Maria Travaglini, limitandosi ad invitare “la famiglia (semmai interessata) a rivolgersi alla Sgs,”, quindi di fatto passando la palla alla cooperativa che ha fatto il bando. E non l’ha detto il presidente della Commissione Affari sociali Fabio Raspa, che – con estrema onestà – ha chiesto scusa a Bruno. Gesto nobile ed inusuale che gli va riconosciuto, perché generalmente i politici si fanno prendere dall’orgoglio e non riconoscono gli errori. Raspa evidentemente più che un politico si sente figlio di una famiglia onesta. Approfitto per ricordare che sua nonna, venendo a trovare la nonna di mia moglie, una volta mi disse: “Lu feje me mor povr ma unest”. Si riferiva al padre di Fabio (allora imprenditore potente ed affermato), ma l’ anziana donna aveva capito che in questo mondo povertà ed onestà spesso si sposano. E quella di cui ci stiamo occupando non è una storia politica; è la storia della povertà e dell’onestà.
E’ la storia di un povero, ritenuto da chi lo conosce vittima di un’ingiustizia sociale. Ma quanti politici saranno onesti da ammetterlo ? E’ giusta la graduatoria che ha escluso Bruno da quel tozzo di pane che sono le borse lavoro ? Quale migliore occasione (per coloro che non sono i “semmai interessati”, ma per legge i controllori ovvero i consiglieri comunali) di verificarlo con l’inchiesta ? In Consiglio comunale si vedrà chi è onesto come Fabio Raspa; si vedrà chi non vorrà nascondersi dietro i legalismi e i tecnicismi; si vedrà chi è dalla parte della povera gente; si vedrà se l’attuale maggioranza ha memoria per ricordare che qualche anno fa fu lei a chiedere una Commissione d’indagine e la ottenne. Allora, la sinistra di Marchese non concesse la Commissione, ma affidò comunque l’indagine alla Commissione Affari sociali, al tempo presieduta da un altro galantuomo: Antonio Castaldo (della minoranza).
Stavolta è la sinistra a proporre la Commissione d’indagine, chiedendo per la presidenza un membro dell’opposizione, cosa prevista dai regolamenti e dalle prassi consiliari. Tuttavia, anche adesso a gestire l’inchiesta potrebbe essere la Commissione Affari sociali, perché, se è vero che il suo presidente è un membro della maggioranza (diversamente da Castaldo), è altrettanto vero che Raspa può essere considerato da tutti un presidente di garanzia, perché onesto, come dimostrato.
Se poi non dovesse non andar bene neanche Fabio Rapa e se addirittura dovesse essere respinta la proposta d’indagine consiliare, allora gatta ci cova. E se gatta ci cova, ben altre potrebbero essere le indagini, perché la famiglia (quella “semmai interessata”) potrebbe pensare di chiedere un’inchiesta (non ai consiglieri comunali, che pure avrebbero titolo e potere ispettivo), ma a chi ha poteri di polizia giudiziaria per verificare se sono arrivati suggerimenti per i quindici (s)fortunati. Ma soprattutto se, in casi precedenti, ci sono state lottizzazioni della povertà (e chi ne ha beneficiato). In tal caso, del proprio operato i tecnici dovrebbero rispondere non ai consiglieri, ma ad altri. E se ci fossero state operazioni clientelari (ovvero reati penali) allora non basterebbe nemmeno il supremo capo della magistratura (per Costituzione il presidente della Repubblica è il capo del Csm), perché qualcuno, pur di non inguaiarsi, potrebbe dire chi ha segnalato e a chi. Se fosse tutto in regola (come io penso e come mi piacerebbe sentirlo ufficialmente dire) perché arrivare a questo ? La cooperativa mostri le carte ai consiglieri della Commissione, dimostri che ha agito senza suggerimenti e si chiuda il caso. Ed ove fosse stato fatto qualche errore, venga onestamente riconosciuto: di fronte alla povertà paga più l’onestà che la difesa dell’indifendibile.
Ods
Ps. Sempre per onestà devo riferire che Giancarlo Lippis ha ammesso di non aver portato a conoscenza il caso grave di Bruno, benché io glie l’ avessi ricordato. L’assessore (col quale mi sono casualmente incontrato il giorno del funerale di Felice) mi ha detto: “Visto com’è Bruno, ho pensato che sarebbe bastata la sua domanda per farlo inserire”. No, assessore, la domanda non è bastata. Forse lei, Fabio Raspa, tutti quelli che conoscono Bruno ed io abbiamo una percezione di povertà non uguale a quella riscontrata dalla graduatoria, che prima o poi qualcuno verificherà nei dettagli.