Foto: Antonino Vicoli
SAN SALVO | Dopo aver visto i Magi arrivare alla “Grotta”, quando sono quasi le 7 di sera e sto per andarmene, mi si avvicina un “centurione” che mi chiede: “Bé, ti è piaciuto questo evento ?”.
Gli rispondo di si, come ciascuno avrebbe risposto. Poi rifletto e realizzo che la mia risposta non era stata né automatica e né conformisticamente compiacente, perché, parafrasando il buon Eduardo, potrei davvero dire: “Sto presepe mi piace !”.
Il presepe vivente realizzato dall’ Istituto comprensivo 2 la domenica prima di Natale all’ interno del “quadrilatero” sansalvese mi è piaciuto per più di un motivo: ha avuto circa trecento figuranti tra alunni di quella scuola, genitori, qualche insegnate e “convitate di pietra” le nonne sarte che hanno cucito i vestiti dell’anno zero; ha popolato, discretamente e senza clamori mediatici, il centro storico di migliaia di persone; non ha trascurato i particolari, arrivando a mettere in scena argenterie vere nella tenda di Erode, animali vivi, capaci maniscalchi e persino il pescato fresco, che nei presepi viventi non è usuale trovare; ha sapientemente scelto la vecchia fontana come ritrovo per lavare i panni, l’area dietro la Chiesa per le scene quotidiane e uno slargo sotto uno degli archi d’accesso al vecchio borgo per la natività; ha coinvolto i bambini, mettendoli in relazione con gli adulti (ogni tenda “stand” era guidata da almeno un genitore e composta da tanti alunni), con le riproduzioni delle attività della società agropastorale: cucinare le “ferratelle”, ammassare il pane, cospargerlo d’olio, versare il vino nella cantina, accudire gli animali, andare per acqua alla fontana. Ma anche cantare e danzare. Insomma, arti vecchie e nuove, antiche e moderne fuse da un allegro entusiasmo intergenerazionale; ha dimostrato nel concreto cosa voglia dire “aprire le scuole alla comunità”, poiché tanti uomini e tante donne hanno “recitato”, diventando essi stessi strumenti didattici dei propri figli; ha fatto ciò a Rivisondoli fa da sempre il paese intero e da qualche tempo fanno Associazioni e Parrocchie in tanti piccoli Comuni. In questo caso è stata la scuola a farsi comunità, avendo al suo interno persone di ogni età, di ogni professione, di ogni formazione e di ogni vocazione. Sarebbe riuscito un coinvolgimento così numeroso di figuranti e di pubblico se fosse stato messo in scena un altro tipo di rievocazione ?
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Il presepe è il presepe. E’ la nascita ovvero la sopravvivenza della specie, che quindi è dentro di noi dalla notte dei tempi; è la famiglia, che sempre più regge questa società dai mille problemi e dalle mille contraddizioni: gira e rigira conforto, aiuto e sostegno ciascuno di noi lo trovano nella madre, nel padre e nella madre della madre o nel padre del padre; è l’umiltà (che al contrario della prosopopea non indispone nessuno) di un falegname, dei pastori, dei contadini; è il bene, di fronte al quale si chinano i potenti (re magi); è la guida di un popolo smarrito tra censimento, alberghi pieni e infanticidi, che trova la luce in una stella che sa dove andare; è la fede negli angeli, che risolvono il mistero. Ma nascita, famiglia, umiltà, bene, ricerca di una guida e fede non sono altro che la nostra vita. Il presepe è dunque la nostra stessa vita. Per questo lo si fa in casa e nelle scuole, nei borghi e nelle piazze. Ma soprattutto, lo si fa “ognuno come gli pare”: tradizionale, moderno, con personaggi antichi, con statuette contemporanee. Il presepe vivente di domenica 18 dicembre, chiamato “Astro del ciel” e messo in scena dall’ Istituto comprensivo 2, ha consentito creatività ai realizzatori (che hanno avuto come docente referente Antonietta Teti). Ma ha anche permesso ai sansalvesi di attraversare o riattraversare il proprio vissuto tra lavandaie, potenti, umili, maniscalchi, bambini delle scuole, loro genitori, angeli, cori, nel segno della pace universale, che viene da un Dio fattosi bambino, riscaldato da un bue ed un asinello.
Ods