Editoriali

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Se anche la Repubblica scarica Matteo Renzi

SAN SALVO | Tempi duri per Renzi. I segnali sono chiari quello più autorevole arriva nientemeno che dalla Repubblica, il giornale portavoce dei poteri forti legati alla grande finanza

europea e nazionale, che pilotò il passaggio dalla prima alla seconda repubblica e che ha avversato il per vent’anni berlusconismo. Sul giornale di oggi, tutti principali commentatori (Ainis, Cappellini, Folli), dopo Scalfari nel sermone domenicale e dopo Damilano sull’ Espresso (che è il settimana del gruppo), hanno demolito il nuovo Governo Gentiloni, che prima del ’92 si sarebbe chiamato balneare. Ovviamente non è il povero Gentiloni, che farà da parafulmine, l’obiettivo della Repubblica, dell’ Espresso e di ciò che rappresentano, ma è Matteo Renzi. E perché viene così brutalmente scaricato anche dai giornali e dai gruppi finanziari amici ? Perché tutti nel profondo sono convinti della previsione che la “sua” minoranza fa e cioè che le prossime politiche le perderà. Infatti, mai nessun partito, così isolato ed attaccato da ogni latitudine, è riuscito a vincere le elezioni (ed è chiaro che il Pd avrà contro la sinistra, la destra e l’ M5S); Renzi oramai incarna il potere ed è percepito come tale in un momento storico in cui la maggioranza silenziosa va a votare non per la governabilità, ma per la dissoluzione sistemica (operazioni come la Boschi a presidio delle nomine a Palazzo Chigi, Alfano agli esteri, la sola defenestrazione della Giannini, passata dal centro al Pd danno l’immagine che si tratta di operazioni di potere); quando tira aria di bufera coloro che si erano avvicinati puntando su un cavallo (anche per ottenere strapuntini) piano piano lo scaricano. Ma se cade Renzi (e con lui la vocazione maggioritaria del Pd) cosa resta ? O una vittoria di Grillo, che certo Repubblica non auspica, oppure la melassa del proporzionale. Con molti partiti, ciascuno dei quali rappresenta qualcosa. Quindi, l’anima azionista di Scalfari e De Benedetti dell’establishment nazionale filoeuropeo (nell’immediato dopoguerra rappresentata dal Pri, poi dalla sinistra Dc ed infine dagli eredi del Pci) troverà la sua rappresentanza parlamentare. Tutti troveranno la propria rappresentanza parlamentare, ma soprattutto Silvio Berlusconi, che, con il suo 10%, sarà l’ago della bilancia tra le forze sistemiche e quelle anti, come un tempo lo fu il Psi, che partito dal 10% non oltrepassò mail 14%, ed era cerniera tra la Dc ed il Pci. Del resto, a proporzionale pura, col 10% si prendono un centinaio tra deputati e senatori, che, se sanno fare, in un Parlamento balcanizzato come è già questo (e figuriamoci il prossimo) detteranno la linea. A che serve dunque puntare su un leader (chiamato se non dalla massoneria di Castiglion Fibocchi quanto meno dalle consorterie toscane) che non è riuscito a bloccare Beppe Grillo e Salvini ovvero la Brexit italiana ? Meglio tornare a puntare su una corrente, come quando Eugenio Scalfari era “sposato” con Ciriaco De Mita e poi ci litigò e Forattini rappresentò quest’ultimo col velo squarciato.

Ods

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