Editoriali

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La Pasquetta e l'amico Nicola

SAN SALVO | Nicola Iannace lo conosco da quando avevo una decina di anni. Lo conobbi perché suonava a San Nicola con Raffaele Mucilli, Rino Di Cola

e uno che non ricordo, ma ricordo bene che loro quattro (suonatori) vennero invitati ad una cena a Termoli da don Piero (che li voleva in tal modo ringraziare). Il giovane parroco invitò anche me e Raimondo Pascale e quindi andammo in sette. Quando si trattò di ordinare, don Piero disse al cameriere di preparare per sei e mezzo, ovvero sei pasti completi (per i quattro suonatori, più Pascale, che già aveva quindici anni, e lui stesso) e un mezzo pasto, per me che ero un ragazzino. Invece, io mangiai abbondantemente…anche quello di qualche adulto schizzinoso, per cui quando arrivò il conto, scherzando, ci chiesero di pagare per non per sei pasti e mezzo e neanche per sette (quanti eravamo in totale), ma per sette e mezzo. Tutti a dire che ero stato io ad aver mangiato una porzione e mezza. Da allora, Nicola, almeno fino a che sono diventato giovane, ogni volta che mi vedeva, diceva: “Ecco, è arrivato sette e mezzo !”. Più tardi la buon anima di Antonio Cristini ci mise del suo e iniziò a chiamarmi “Pasqualino sette bellezze”, ma lo faceva per un altro motivo, che sappiamo solo Gabriele Marchese ed io.

Perché parto dal un episodio di quarant’anni fa per riferire un fatto di “cronaca culturale” come può essere la rievocazione del Canto della Pasquetta ? Perché esso è diventato un fenomeno sociale, che non è sufficiente spiegare solo con un arido: “Domani sera ci si troverà tutti nel garage di Nicola Iannace, per attraversare le vie del centro storico al suono di Domattina è la Pasquetta, che sia santa e benedetta” Se si trattasse di fare solo questo, basterebbe riprendere le cronache degli anni passati e fare un copia incolla. Ma quelle cronache sarebbe incomplete: per esempio non potremmo più dire che tra i cantori ci sono Rocchino Boschetti e Adriano Zuccorononno (che ci hanno accompagnato con il loro indimenticabile sorriso) e Zio Mimì Napolitano, che ci ha accompagnato con la bica. Né potremmo dire che ci saluterà, commosso, dal suo bancone Lillino Balduzzi. Né potremo dire che sarà ancora don Piero ad aspettarci davanti alla porta della canonica, per offrirci la porchetta o Luigi Bonanni con le sue salsicce a Via Roma. Né ci saranno taluni politici che ci sono stati fin che hanno amministrato. Eppure la cronaca dell’evento potremmo comunque farla, perché ci saranno tanti ragazzi e gente nuova nel gruppo, perché ci sarà Angiolina, degna erede di Lillino, ad accoglierci tra la sua vetrina ed il bar Bruno, perché ora ci seguono i nuovi amministratori al posto degli “ex” che si sono ritirati. Questo ricambio generazionale è reso possibile dalla presenza , dalla dedizione, dalla costanza di Nicola, che lo conosci a dieci anni e non lo perdi mai di vista. E’ lui che garantisce la prosecuzione della tradizione, perché lo fa per amicizia, nel senso che lui stesso intende. Perciò il gruppo ha voluto chiamarlo “Gli amici della pasquetta” e non, ad esempio, i cantori della Pasquetta, che sarebbe stato anche più professionale. Iannace vive questo evento come un modo per ritrovarsi insieme (cosa che contraddistingue l’amicizia) e per condividere dei valori comuni (altro fondamento delle relazioni amicali): in questo caso i valori della nostra religione (il Natale), del nostro antico vissuto (la solidarietà verso i bambini all’ Epifania e verso i più deboli in generale), della organizzazione agropastorale (cantare, bere e mangiare nei periodi freddi, prima di essere richiamati al duro lavoro dei campi). Ovviamente l’ evento è diventato per l’organizzatore sollecitatore di autostima e disegnatore del suo stesso ruolo-status. A San Salvo, infatti, Nicola è identificato con la Pasquetta ed è di fatto il capo degli Amici della Pasquetta, limitatamente a questo evento. Noi tutti gli siamo grati perché ne garantisce la continuità, aiutandoci a ricordarci come eravamo, quando i tempi erano scanditi dalle stagioni (ed in quella fredda si cantava e mangiava) e soprattutto come dovremmo essere: meno frenetici, più gioviali, più legati tra di noi e più solidali. Ma la società post industriale tutto questo ce lo consente di rado, coi suoi ritmi, le sue tecnologie, i suoi messaggi, i suoi “nuovi” valori. In qualche caso le ferree leggi della modernità cedono il passo alla memoria antica, a quando si cantava e mangiava allegramente, perché non c’era la tv, non c’era internet, non c’erano le macchine. E si viveva la propria dimensione comunitaria nel proprio mondo. E in quel mondo c’erano inni e un riti. Per secoli, ogni sera di ogni 5 gennaio di ogni anno l’inno è stato la Pasquetta e il rituale è stato lo spostamento festante di taluni amici per le vie del borgo. Grazie a Nicola tutto questo continua ancora. E continuerà per sempre.

Ods

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