Se Renzi pensa di essere Berlusconi, conosce se stesso, ma non il suo popolo
Matteo Renzi ieri seri è stato da Floris (su la7). Non ha trovato Di Maio, ma quattro giornalisti: Massimo Franco, Massimo Giannini, Alessandro Sallusti e lo stesso Giovanni Floris. Il primo è un autorevole editorialista del Corriere, il secondo
è un giornalista di Repubblica, il terzo dirige il Giornale ed il quarto conduce “Di Martedì”, dopo aver condotto “Ballarò”. Di questi solo Sallusti è schieratamente di destra ed è stato il più morbido, mentre gli altri tre sono di sinistra o, quanto meno, di centrosinistra. L’intervista è stata praticamente un “Uno contro tutti”, tanto che stamattina sulla stessa rete, ad Omnibus il titolo era “Renzi contro tutti”, come Berlusconi quando andò da Santoro e Travaglio. Il segretario democratico ieri sera sembrava proprio il Cav, anche se non si è messo a pulire la sedia dell’intervistatore e, soprattutto, anche se Travaglio e Santoro sono dichiaratamente antiberlusconiani, mentre non si può dire che Floris e Franco siano antirenziani. Giannini, invece, ha una formazione di sinistra, che guarda alle 5 Stelle, deluso dal Pd, come molti di sinistra che guardano al grillismo (si consideri che in Sicilia il 7% degli elettori che hanno votato le liste di Micari hanno poi dato il voto a Cancellieri: una specie di soccorso rosso in favore di chi è ritenuto capace di battere centrodestra). Quando Berlusconi si batté come un leone, come Renzi ieri sera (a parte l’episodio della sedia, che però comunicativamente fu molto efficace), gli ascolti schizzarono ed il Cav guadagnò voti. Mentre è molto probabile che il segretario del Pd voti li abbia persi ieri sera, pur essendosi atteggiato come il leader del centrodestra. Il motivo risiede nei differenti elettorati. La destra e Berlusconi, in particolare, possono consentirsi di presentare venti impresentabili e vincere come è accaduto in Sicilia; se l’avesse fatto il Pd non sarebbe riuscito nemmeno a raccogliere le firme. Infatti, gran parte dell’elettorato democratico, formatosi negli anni della cosiddetta “diversità comunista”, con Berlinguer che metteva al centro la “questione morale”, è molto sensibile a queste tematiche e il proprio leader lo preferisce mite, timido, non spocchioso (tipo lo stesso Berlinguer o Prodi, Fassino, un po’ Veltroni, Bersani. D’Alema risulta antipatico e da rottamare proprio perché si atteggia). Renzi con il suo modo di fare e comunicare sarebbe andato bene a destra, ma non va bene al popolo della sinistra, anche se riesce a “serrare” le fila e rinsaldare la militanza, come si vede anche nel nostro piccolo: renziane sincere e schierate come le mie amiche Rosetta D’ Acciaro, Silvia Di Virgilio e Rosa Gaspari lo hanno applaudito su facebook. E’ chiaro purtroppo che se questa è la linea Renzi farà una campagna elettorale molto identitaria, ma si fermerà alla terza posizione, ove il quadro resti quello di questi giorni: centrodestra unito, 5 Stelle che puntano al voto antisistemico ed Mdp che lavora al fianco sinistro del Pd. Anzi, è possibile che l’elettorato che non vuole Di Maio gli scivoli verso la destra e quello che non vuole il ritorno del Cav e l’ascesa di Salvini&Meloni se ne vada a riveder le Stelle. Peraltro Renzi non può fare neanche ciò che fece il Veltroni della vocazione maggioritaria e ciò che stanno facendo le 5 Stelle, cioè pensare di vincere da solo: questo lo fa percepire perdente in partenza e quindi farebbe scattare ciò l’ effetto di Sicilia, dove il 7% dei suoi elettori hanno scelto chi ritenevano davvero vincente. Lo stesso Berlusconi, dopo l’unica sconfitta subita nella seconda Repubblica (nel 1996) per l’allontanamento della Lega, si legò a Bossi dedicandogli tutti i lunedì sera ad Arcore. Quindi un miliardario, pieno di sé, capo di un impero televisivo e mediatico si è “abbassato” a un Signor Bossi qualsiasi, sol perché aveva capito che senza non avrebbe vinto. Purtroppo, Renzi senza la sinistra alla sua sinistra, senza umiltà, senza la stampa che gli ha consentito buona stampa non potrà vincere. Al massimo egli potrà fare il terzo incomodo, cioè sostenere un Governo Tajani, ove Salvini e Meloni litighino con il Cav. E non è detto.ù+
Ods
Ps. L’amico e collega Luciano Luongo ha ritenuto di inviarmi una puntuale considerazione sul mio editoriale precedente, che gli avevo taggato. Per quanto lui dica di non condividere molte delle cose da me scritte, vi leggo una sostanziale comunanza di osservazioni e considerazioni (forse determinata dalla similare formazione). Per questo lo invito ufficialmente a scrivere su Inclusione per alzare un po’ il livello di questo nostro dibattito. Ciò detto, Luciano mi rimprovera di non considerare a sufficienza la sostanza di ciò che muove l’elettorato. Invece non mi sfugge ciò che muove o muoverà l’elettorato: senz’altro i bisogni materiali e le ansie sociali, ma anche l’ affidabilità che dà un leader alla televisione, presentandosi capace e vincente per soddisfare quei bisogni e placare le ansie. Purtroppo Renzi non sta apparendo tale al suo popolo di sinistra (e neanche a quello di destra), pur se personalmente apprezzo molti provvedimenti fatti da lui e da Gentiloni.