Un film che tutti dovrebbero vedere
SAN SALVO | Il titolo è suggestivo: L’ordine delle cose. Il regista è Andrea Segre, abbastanza noto, come i suoi documentari sui drammi sociali. L’attore protagonista è nientemeno che Paolo Pierobon: per capirci il Filippo De Silva di Squadra
antimafia- Palermo oggi. La pellicola è uscita ad agosto del 2017, quindi solo tre mesi fa. Il film non ancora entra nemmeno nel circuito cinematografico; si tratta, quindi, di un anteprima, almeno in Abruzzo. Lo proiettano al centro culturale di martedì, per cui non ha molta concorrenza. E’ pure ben pubblicizzato: addirittura ci sono locandine in giro col logo del Comune. Per tutti ‘sti motivi, mentre vado alla sala proiezione del Centro culturale, immagino che ci sarà tanta gente, anzi dubito di trovare il posto a sedere. Invece, arrivo e trovo solo l’ organizzatore della serata Angelo Pagano, con la moglie Michelina, i coniugi Tarabelli, Mario Codagnone, Silvia Di Virgilio, Annalia Checchia, l’ex sindaco Gabriele Marchese e l’ex assessore alla cultura Giovanni Artese. Per fortuna Claudio Pracilio ha portato una quindicina di “suoi” ragazzi dallo Sprar di Lentella (con Nordin e Renzo). Con loro, almeno, si superano le venti presenze, che certo sono quasi nulle per un capolavoro cinematografico del genere. Ah, dimenticavo la cosa più importante: l’ingresso è gratuito. Qua c’è qualcosa che non torna e che io ho capito appena mi sono seduto sulla rossa poltroncina della sala. Chi ha la bontà di continuare a leggere lo capirà a breve.
Il film è costruito attorno ad una missione di un alto funzionario della Polizia o dei Servizi, incaricato direttamente dal ministro degli interni italiano, di “indurre” la guardia costiera ed i militari libici a bloccare i barconi di disperati ed a trattenerli sul suolo tripolitano. Il poliziotto è –come detto – Pierobon, che noi siamo abituati a vedere nella parte del poliziotto cattivo o della spia deviata, ma che in questo film, dove è il dott. Rinaldi di Padova, ci diventa addirittura simpatico, con le sue manie e le sue crisi di coscienza. Infatti, sta quasi per salvare una povera somala, schiavizzata e maltrattata dai libici, al punto da pensare di pagare il capo della milizia, accusato di non rispettare i diritti umani nella gestione del suo lager o centro di accoglienza. Se De Silva (o Rinaldi) avesse fatto la sua buona azione, da “italiani brava gente”, avrebbe forse guadagnato il Paradiso, ma determinato la fine della missione ministeriale e della sua stessa vita piccolo borghese, con cui fa studiare il figlio in una costosa università straniera e vive in una lussuosa villa veneta, che apre e chiude il film. Ma, questa pellicola non è una favola a lieto fine. Il bene non prevale sul male. La somala non viene salvata e la villa veneta si, con tutto ciò che rappresenta: vita agiata, carriera modello e felice quadretto famigliare.
Chi è Rinaldi nell’ Ordine delle cose ? Non è il De Silva di Rosi Abbate, che è cattivo e basta. E non è nemmeno il buono, che fa la cosa giusta. E’ l’italiano medio. E’ uno di noi, col senso di colpa, che però non può perdere i suoi privilegi, per aiutare un povero. E’ uno che i poveri lo impietosiscono. Ma meglio se stanno lontano e rinchiusi, dove nessuno può vederli, tranne sti servizi video di Euronews, che di recente hanno portato alla luce l’orrore dei migranti bloccati in Libia grazie all’accordo di Minniti.
Il ministro della finzione cinematografica, il superiore di Rinaldi non è Marco Minniti, perché il film è antecedente all’accordo tra lui e Tripoli. Ma certo alla stessa soluzione si è arrivati, sia nel film che nella realtà. Nel film prima che nella realtà, usando i tanti soldi dell’ Europa per mettere la polvere sotto il tappeto e per tenere i poveri nei lager. Certo, qualche senso di colpa ogni tanto viene pure a noi, ma basta fare come Rinaldi: far prevalere la ragione e tenerli lontani anche dai nostri occhi sti africani e la loro miseria. Forse anche Minniti, vista la sua storia personale, avrà (avuto) qualche rimorso, ma alla fine anche in lui è prevalsa la ragion di Stato. Funziona così, nella vita quotidiana ed al Governo. E stavolta pure nel film anticipatore, dove nel poliziotto cattivo, che sta per diventare buono, vince l’italico “tengo famiglia”. Forse è proprio questo il vero motivo della scarsa presenza in sala. Ognuno di noi preferisce stare nella propria comoda casa, villette o appartamento che sia… i migranti, per cortesia, in Libia, dove nessuno può vederli… così non ci vengono neanche i sensi di colpi alla Rinaldi.
Ods