Ragazzi, prima della terapia facciamo una corretta diagnosi
SAN SALVO | Ho letto con curiosità ed interesse il dibattito che si è sviluppato on line sul centro cittadino (oramai tutti i dibattiti si fanno prevalentemente su facebook o comunque in rete). Mi pare che, stavolta, ha “rilanciato” Antonio Cilli, riprendendo
“l’ennesimo grido di dolore dei commercianti” e guadagnandosi un post di ringraziamento di Natalia Di Virgilio. La quale, però, ha anche suscitato la reazione “piccata” della maggioranza amministrativa. Quindi Agostino Monteferrante ha formulato alcune proposte concrete. Infine è intervenuto il Pd, per il quale va tutto male a differenza della vicina Vasto. Si tratta di interventi da parte di nostri concittadini conoscitori del problema dai quali tuttavia non emerge una sintesi unitaria. Praticamente Cilli dice “interveniamo”; Di Virgilio dice “di noi se ne fregano tutti”; il Comune dice “Noi siamo intervenuti. Che possiamo fare di più ?”; Monteferrante chiosa: “Fate così”. Il Pd chiude “avete sbagliato tutto anche a Natale” . Sembrerebbe che tra i cinque non ci sia comunanza, ma, invece, una cosa che li accomuna c’è. Ed è la consapevolezza: nessuno di loro osa negare che il problema esista. Lo certifica addirittura l’incipit del documento della maggioranza, che- mal comune, mezzo gaudio – ammette trattarsi di un “fenomeno diffuso e non solo locale di oggi”. Dunque il problema c’è: su questo siamo tutti d’accordo. Ma come fare per tentare (almeno tentare) di risolverlo ? Sono convinto che se intervenissero Osvaldo Menna e Nicola Di Croce farebbero proposte ulteriori e diversificate rispetto a quelle che abbiamo ascoltato. Non ho fatto questi nomi a caso. Li ho citati perché qualche anno fa io stesso condussi un “Chi c’è, c’è da Osvaldo” e ricordo ancora le proposte di ciascuno. Tuttavia, Nicola Di Croce ci potrebbe insegnare che quando uno di noi, affetto da una patologia fisica, va da lui con una ricetta per avere un farmaco, ha già avuto una diagnosi scientifica da parte del medico che poi gli prescrive la terapia farmacologica. Per analogia, anche nelle patologie sociali potrebbe funzionare allo stesso modo, almeno per quanto riguarda il metodo clinico. Primo: riconoscimento che la patologia c’è davvero e non si tratta di ipocondria (nel caso dello svuotamento del centro cittadino tutti riconoscono che essa c’è); secondo: corretta diagnosi con strumenti scientifici per individuare le cause sociali, commerciali, storiche, relazionali e culturali che hanno fatto ammalare il nostro centro (previa verifica che non si tratti di malato terminale, perché in tal caso, come è noto, si prescrivono farmaci palliativi, in attesa della fine); terzo: terapia. L’errore che si sta facendo da anni e da più parti è che si pensa alla terapia senza aver fatto prima una corretta diagnosi. Anche se sappiamo che la malattia c’è, essa va ben individuata. La stessa Camera di commercio ha finanziato diverse “cure” (colonnine per parcheggi orari, circolare urbana gratuita, cartellonistica), eppure il “malato” non ha sortito benefici visibili e riconoscibili. Infatti, le colonnine oggi sono coperte da orribili buste dell’immondizia, il bus non gira più e la cartellonistica da sola non è sufficiente. Va rilevato tuttavia che il Comune non è stato presuntuoso, accettando la terapia camerale anche se “prescritta con quelli di prima”. Ciò dimostra che se arrivasse un luminare e dicesse: “Per guarire il centro storico, la medicina è questa !” non vi sarebbero ostacoli di ordine politico. A mio modesto giudizio, bisogna fare un’ inchiesta sociale quantitativa e poi chiamare al capezzale tutti i “medici” (Comune, commercianti, associazioni e studiosi) per un consulto serio sulla base delle risultanze ottenute. Una volta individuato davvero i livelli delle concause sociali del depauperamento si inizi a fare interventi-test modulari, ma con monitoraggi costanti e sempre pronti a fare correttivi, che possono essere lunghi e non immediatamente risolutivi, poiché si tratta di un problema che attiene alle dinamiche relazionali, che molto risentono delle evoluzioni sociali oggi molto variabili. Va detto, infine, che le proposte di Monteferrante possono essere giuste, ma non possiamo dirlo in modo rigoroso se prima non procediamo con le procedure suddette ossia con un metodo socialmente corretto.
Ods
Ps. Come presidente dell’ Associazione (sociologica) per la Ricerca ed Azione sono disponibile a partecipare ad una “operazione di diagnosi sociale” di questo tipo, ove gli altri attori (Comune, commercianti ed associazioni) decidessero di adottarla. Ovviamente il mio sarebbe un lavoro profuso per la mia città e quindi gratuito.
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