Si è svolta sabato 30 novembre alla Porta de la terra la presentazione di "Storie che fanno bene alla salute", scritto da Maria Antonietta Labrozzi. L' evento è stato aperto dal vice sindaco ed assessore alla cultura Maria Travaglini, cui ha fatto seguito l' introduzione di Domenico Di Stefano, che ha anche
interloquito con l' autrice su alcune pagine significative lette da Annalisa Mincone. Sono intervenuti l' ex sindaco Armando Tomeo e Marianna Della Penna. Tutti hanno sottolineato la personalità empatica ed apprezzata dell' autrice, che peraltro traspare nelle duecento pagine del volume.
Labrozzi scrive una sessantina di storie, che possono a giusta ragione essere definite storie di vita, poiché sono tutte incentrate sul vissuto di altrettante persone. Lo stile adoperato è quello giornalistico, con periodi brevissimi, ma ordinati e sintatticamente perfetti, motivo per cui la lettura è molto scorrevole. Parte delle storie sono autobiografiche, che raccontano eventi direttamente vissuti dall' autrice o dalla sua famiglia. Tutte le altre, comunque biografiche, sono state dalla stessa costruite nei quotidiani incontri con la sua ampia clientela. Maria Antonietta Labrozzi è farmacista e figlia di farmacista, cosa che le ha consentito e le consente un approccio autentico e senza barriere con le persone che vanno nella sua farmacia. Per cui riesce ad entrare nelle esperienze personali, a volte intime, degli interlocutori, che le si aprono per lenire le proprie sofferenze. E incontrano una dottoressa, per la quale evidentemente il benessere non si trova solo con la farmacologia. Ma anche col sorriso, con il conforto, con l' esempio e con il rigore. Eccipienti, questi, che accompagnano un particolare principio attivo, contenuto nella storia stessa o meglio nella buona storia. L' autrice è infatti convinta che le buone storie (come quelle che racconta) siano terapeutiche, utili ad elaborare i lutti e ad affrontare i percorsi di guerra e di emigrazione, ma anche una frana, il crollo dell' economia artigianale ed i brontolii di un vecchio burbero. Si evince da queste storie rigore educativo, ma anche ottimismo di prospettiva. Il dolore è molto presente, ma sempre accompagnato da una sua fine. Insomma, le insidie della vita grama che risalgono ai tempi di guerra e povertà vengono comunque superate con l' ascensore sociale, che però non è mai un fatto scontato. Dal dolore si può sì uscire, ma la medicina, per quanto amara, bisogna prenderla; la vita è comunque bella se si riesce ad apprezzarne le piccole cose: il primo viaggio in autostrada, la prima volta del lavaggio dei piatti, un antico mestolo di famiglia.
Le oltre sessanta storie non sono disposte cronologicamente: la più antica è del 1925 e l' ultima è dei giorni nostri. Esse attraversano questo ultimo secolo con dentro la guerra ed il boom economico, l' emigrazione e l' immigrazione, la scuola dei grembiuli neri e quella dell' Erasmus musicale coi brasiliani, la solidarietà ed i turni di lavoro, il viaggio "collettivo" sulla luna e quello individuale in Cambogia, la vita e la morte, le malattie e i progressi scientifici. Nessun capitolo si chiude con la paura del futuro. Fondamentalmente il messaggio di "Storie che fanno bene alla salute" ci dice ottimisticamente che possiamo farcela ... se lo vogliamo. Non è poco in una fase storica in cui l' incertezza economica e l'ansia sociale caratterizzano il nostro vissuto quotidiano . Forse questoapproccio ai problemi della vita dipende da ciò che l' autrice ha imparato dalla madre alla vigilia di Natale dell' 84: chi deve accogliere i sofferenti non può farsi vedere sofferente. Un monito che ci sembra anche il filo conduttore di questo libro.
Ods