MEZZO SECOLO FA... a partire dalla vice parrocchia
Ricorre oggi l' ordinazione sacerdotale di Mons. Pietro Santoro, vescovo dei Marsi dal 2007 e nei 34 anni precedenti fondatore e parroco della Parrocchia di San Nicola a San Salvo.
Trentaquattro anni di cui si è giustamente scritto e detto molto, per le tantissime iniziative pensate, fatte personalmente o comunque coordinate da Don Piero, la cui dinamicissima personalità si intreccia con una altrettanto dinamica visione della pastorale della Chiesa, che il Concilio Vaticano II fa entrare nei processi sociali per determinarli o quanto meno per orientarli.
Per questo motivo chi ha documentato la San Salvo di questo ultimo mezzo secolo non ha potuto fare a meno di occuparsi dell' opera di Don Piero: nella cultura, nella politica, ma soprattutto in un divenire sociale, segnato dalla veloce trasformazione del borgo agricolo (con forti retaggi della società di sussistenza) a centro industriale (in via di assestamento).
Giornalisti, storici, amici personali e comunicatori di varia stazza hanno dunque garantito una divulgazione abbastanza foriera dei 34 anni in cui Mons. Santoro è stato parroco, ma nessuno (di noi) si è occupato dei tre anni della vice parrocchia a San Giuseppe.
Eppure si tratta di tre anni, estremamente interessanti: si incontrano due sacerdoti diversissimi, uno di cinquantacinque anni e uno di ventitré.
Il vecchio aveva fatto in tempo a nascere durante la Grande guerra, già adulto nella seconda, mentre il giovane era nato a guerre finite.
Il primo era nato in un paesino del nord e il secondo in un medio centro del sud.
Don Cirillo aveva dovuto aiutare i (poveri) contadini del dopoguerra affamati di pane e lavoro, mentre Don Piero i (non più poveri) lavoratori del boom industriale, comunque affamati di cultura e diritti.
Il parroco si era formato in una Chiesa preconciliare, mentre il vice era seminarista quando il Vaticano II veniva "lanciato" e dunque aveva potuto introiettarne tutti i cardini spirituali e culturali.
Sarebbe dunque curioso sapere come fu quella "originale" coabitazione, che solo la Chiesa di Roma avrebbe potuto pensare e garantire, nel quadro del suo storico (e funzionale) altalenarsi tra progressisti e conservatori.
E sarebbe interessante non per una mera curiosità a fini di pettegolezzo o per carpirne dialoghi e stati d' animo di due personaggi diversissimi, sia pure uniti dalla stessa fede, da una grande cultura umanistica e da un profondo senso del dovere pastorale.
Sarebbe interessante ricostruire i tre anni della vice parrocchia, perché sono stati tre anni "strategici" per il nuovo tessuto socioculturale di San Salvo
Infatti nel triennio 1970/73 arriva la Magneti Marelli, i tre quarti di San Salvog non sono urbanizzati, San Salvo Marina è una palude e sul suo sviluppo edilizio si dimette un sindaco, si insedia una banca, i vigili urbani sono due, i laureati sono una ventina e giornalmente arrivano per abitare qui decine di operai della Siv e della Marelli, che parlano dialetti diversi e il sabato e la domenica se ne tornano nel paese d' origine.
San Salvo è un paese dormitorio di cinquemila abitanti, la cui vecchia parrocchia serve i quartieri abitati dai "nativi", mentre la nuova servirà i quartieri in costruzione per gli "oriundi", che vanno integrati e si integreranno proprio grazie a Don Piero, diverso, ma collaborativo col suo parroco.
Probabilmente in quei tre anni i due sacerdoti si prendono le misure e trovano quel mirabile equilibrio, che va oltre la collaborazione pastorale: diventa la base sociale della San Salvo che conosciamo oggi.
Ods