TUFILLO | La cucina della casa di Ernano Marcovecchio non è piccola ed è anche ben illuminata, perché dà sul corso che porta dritti al centro di Tufillo. In quella stanza li ho trovati otto degli undici
candidati ad amministrare il loro paese, tutti intenti a piegare il programma elettorale, con cui cercano di convincere 284 loro concittadini ad andare a votare il 5 giugno prossimo. Loro non hanno una o più liste contrapposte, neanche quella dei poliziotti (che le fanno per prendersi le ferie, come è accaduto nella vicina Dogliola).
I candidati di Tufillo sono unici, nel senso che la loro lista è unica e, per questo, a votare ci deve andare la metà più uno degli iscritti in Comune, che sono 557. Di questi, però, abitano in paese solo 332, perché il resto risiede all’estero, anche se ha diritto di voto. Speriamo che qualcuno torni e voti, ma se non tornerà nessuno dall’estero per votare, l’unica lista dovrà puntare solo sui 332 che abitano in paese e di questi potranno fare passo solo 51 persone. Se staranno a casa 52 o più di 52 la votazione è nulla e quindi arriverà il commissario prefettizio.
Appena arrivo per conoscerli ed intervistarli (ma anche studiarli) mi rispondono con decisione e cordialità, però continuano a piegare i programmi con cui andranno nelle case a chiedere a tutti di andare al seggio. Capisco da questo che sono consapevoli che portare a votare quasi il 90% di quelli che stanno in paese non è facile. Marcovecchio, il candidato sindaco, sintetizza così: “E’ difficile, ma non impossibile”. Fatti questi conti veloci, chiedo loro. “Scusate, ma non sarebbe stato più facile fare la lista civetta, con cui avreste evitato il quorum ?” Bastava prendere quattro amici o parenti compiacenti e…”Ce l’avevamo, ce l’avevamo...” risponde la più decisa di tutti, Veronica Galizia. E poi prosegue: “Abbiamo votato in assemblea tra di noi e deciso che era meglio non farlo. Se il paese ci vuole dovrà andare al seggio”. Poi continuo a ragionare e scopro che di assemblee ne hanno fatto più di una e che si sono messi insieme solo “per fare qualcosa per il paese”. Mi spiegano che lo faranno “in modo costruttivo e senza offese, attorno ad Ernano, di cui è stata apprezzata la precedente esperienza amministrativa (Marcovecchio è stato sindaco per due mandati, prima dell’uscente Marco Monaco, nda)” Si comprende che qui gli schemi non sono quelli classici. Del resto fuori dagli schemi è anche questa scelta di puntare (di fatto) al 90% degli elettori. Ma fuori dagli schemi è stata pure la non presentazione delle liste, né da parte dell’ Amministrazione uscente e né da parte dell’Opposizione uscente. Evidentemente l’incarico in Comune, qui su, non è visto come una scelta di prestigio e men che meno di potere, perché altrimenti gli uscenti avrebbero trovato persone per candidarsi. E neanche per gli (unici) candidati è così indispensabile andare al Comune, perché altrimenti avrebbero fatto la lista civetta. A Tufillo, più che altrove, si sono sciolti i partiti tradizionali e il senso dell’appartenenza politica; resta praticamente solo quel nobile “fare qualcosa per il paese”, sintetizzato da Veronica, che poi è la filosofia di tutti.
Dei presenti conosco bene il candidato sindaco. Conosco i cognomi di tutti, ma non ci avevo mai parlato prima di allora e già avevo pensato che fossero i ragazzi di Bauman, più che di Marcovecchio. Il quale ha solo raccolto l’ aspirazione che resiste “fare qualcosa per il paese”.
Se nessuno si offende, li chiamerò i ragazzi di Bauman i membri di “Scelte partecipate” e spero che il popolo, quello vero, quello che non si è sciolto, ma ama Tufillo come loro, possa consentire loro di “fare qualcosa per il paese”. I commissari, mandati dal Governo, quando vengono nei Comuni, (generalmente due tre mattina a settimana) risanano i bilanci senza guardare in faccia a nessuno. E’ meglio che alle tasse di Tufillo, alle opere (quelle possibili), agli eventi culturali, insomma a quel può che si può fare, ci pensino Marcovecchio ed i suoi ragazzi, anzi i ragazzi di Bauman.
Orazio Di Stefano