La pipézzire” una delle tradizioni popolari più affascinanti e gioiose di San Salvo era completamente scomparsa. Dopo 38 anni è stata esposta davanti alla Chiesa di San Giuseppe. Per i giovani è stata una novità, per molti anziani è stata una sorpresa. Nei tempi passati il mugnaio, dopo aver macinato il grano,
donava a San Vitale la pipèzzire. Viene realizzata con pagnottelle di varie forme su involucro di legno ovoidale decorato con carta velina e nastri multicolori. Nei tempi antichi era considerata un portafortuna. Il vincitore della riffa seguito da una banda musicale cominciava subito a riempire bicchieri di vino cotto pe dda’ unòre a Santë Vitalë. I bevitori non muovevano un passo, fino a quando si svuotava la botte. La situazione si complicava quando il fortunato vincitore non aveva né vino né un dolce da offrire. In quel caso la festa diventava un mortorio.
Si racconta che, un contadino noto con il suo soprannome Pillénë, mentre portava la pipìzzere su una carriola, inciampò e finì in un fosso sotto il pesante fardello. Il presidente della festa lo prese a schiaffi.
Un suo amico, che aveva assistito alla scena, si mise a canzonarlo Pìllénë z’è ‘ngazzàte, la pipìzzerë ha ittàtë (Pilléne si è arrabbiato e la pipìzzere è caduta).
Peccato che i giovani, salvo rare eccezioni, non si interessino di tradizioni popolari.
Michele Molino
LA PIPIZZERA
Ere fatte di pane senza sale,
a pagnuttelle tutte appezzutate,
appiccicate a ‘na specie di pale,
sopr’a tre tavele (manche allisciate)
Esse… ere ‘n’ufferte a Santi Vitale,
di lu muline ch’ave’macinate
chi lu grane (binidette e spiciale)
pi farci “sagnitelle e purcillate”.
E doppe ‘na dicine di jurnate
ch’ave’ girate pi tutte lu Paese
e che la gente z’ave’ “signate”,
zi”tirave” (tra alligrije e risate,
spare di bomme e campane a distese),
proprie annanze a la porte di la Chiese .
E pi da’ unore a Santi Vitale,
zi bive’ vine … a cime di vicale.
Evaristo Sparvieri