San Salvo - News

Gelataio

E’ stata zà  Mariannène di Casalbordino a far conoscere il gelato ai Salvanesi

Le principali feste dell’ultimo dopoguerra a San Salvo erano dedicate a San Vitale,  San Rocco, San Vito e Sant’Antonio da Padova; culminavano con solenni e affollate processioni, grandi concerti bandistici, fuochi d’artificio. La gente attendeva con  entusiasmo  l’arrivo della festa; occasione speciale

per riposare e divertirsi un po’.  Al passaggio della statua per le vie del paese,  la gente  s’inginocchiava e pregava con le lacrime agli occhi. Se il denaro era scarso, non mancavano le  nocciole,  i lupini,  i semi di zucca, le carrube (suscéll), la riffa (la rreff) , il tiro a segno, il gioco delle tre carte,   il tiro alla fune,  l’ attrezzo  per misurare la forza d'urto del pugno, la bancarella con la porchetta.  Il palo della cuccagna veniva installato all’inizio di via Fontana Vecchia.  Lungo il corso Garibaldi  si svolgevano  le corse  nei sacchi (la carze nghì li saccatte), del cucchiaio con l’uovo, delle rane in carriola,  mentre la corsa degli asini (la carze dell’èsine)  veniva disputata lungo la salita della Fanda vicchie.  In piazza Europa  prendeva posto la giostra con le catene. Camminava spesso  tra le gente, una donna  con un pappagallo dentro una gabbietta; questa sollevava la tela e dietro il pagamento di qualche soldo del passante incuriosito,  lasciava estrarre dal piccolo volatile  il pianeta della fortuna. Veniva da Casalbordino zà Mariannene,  una donna anziana, alta e robusta,  con i gelati da vendere; si alzava la mattina prestissimo in modo da piazzare di buon’ora il furgoncino nei pressi della parte laterale del  palazzo ottocentesco della famiglia Ciavatta antistante  La Porte de la Terre ; questa frantumava a colpi forti di martello, i grossi blocchi di ghiaccio che la ditta  “Perrozzi” di Vasto  che  li  portava  direttamente sul posto. Tutt’intorno un nugolo vociante di ragazzi si gettava a terra per raccogliere le scaglie cadute dal tritaghiaccio a manovella. Zà Mariannene   lasciava perdere, così poteva farsi aiutare a girare la pesante manovella   Il gelato aveva una  consistenza  troppo acquosa; non per niente si scioglieva in breve tempo. I gusti erano due: crema e cioccolato. C’erano i coni gelati  da 5 lire per i piccoli, da 10 lire per i grandi. Zà Mariannene gridava a squarciagola con il suo dialetto strampalato:” Gelàtti, gelàtti, crema e ciccolàtti (Gelati, gelati, crema e cioccolato). Solo pochi compravano. Lu  lupinàre  per farsi notare si  attorcigliava un drappo rosso intorno alla vita e sistemava i lupini in un  tino (lu tenècce); il misurino per la vendita era un bicchiere di vetro.  C’era chi aveva l’abitudine di mangiare i lupini insieme alle bucce; altri andavano in giro con le tasche piene di lupini, che mangiavano, lasciando dietro di sé una scia di bucce. I giorni di festa nel passato avevano  il sapore di tempi difficili, ma anche  dell’operosità delle genti, della gioia di riunire la famiglia intorno ad un unico tavolo.

Michele Molino

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