Musica e prodotto Topico. La chiesa di S. Nicola di Castiglione a Carovilli
Ancora una volta la celeberrima passacaglia della Suite n.7 in sol minore di Händel invita alla conoscenza dei luoghi. Non solo con l’esecuzione per arpa del magico intervallo
televisivo della Rai in b/n, ma anche con il suo ascolto nel contesto di una ricerca sul sapore dei tòpoi. Di là dal fatto di essermi sentito proiettare in una rarefatta atmosfera di salotto buono settecentesco, il concerto con le sedici variazioni del movimento contrappuntistico gustato nella sala convegni di Borgo Tufi in quel di Castel del Giudice (arpista Tiziana Tamasi) ha aperto un piccolo pertugio nell’immaginario per riflettere in breve sulle stesse relazioni musicali nascoste nei luoghi.
Cosa voglio dire? Che lo stesso itinerario del prodotto topico non solo si presenta come parola intorno alla «cosa» ma come linguaggio della «cosa» che parla a chi è disposto a ascoltarlo. Valgano per tutti le rovine della chiesa di San Nicola di Castiglione a Carovilli che non hanno avuto stampe o disegni di un Piranesi, ma che sussistono ancora oggi a sfidare tempo e il gioco degli elementi sulla sommità di un colle a mille metri d’altitudine.
La chiesa abbandonata di S. Nicola di Castiglione a Carovilli
Già. Quelle rovine reggono ancora l’abbandono alle stagioni. L’abbandono voluto da una comunità che, nel 1903, ha deciso di innalzare su di un pianoro posto a un centinaio di metri più in basso un nuovo edificio dedicato al vescovo di Mira. Da questo punto di vista c’è solo una voce che può ancora spezzare il silenzio del luogo e ricordarne la vita. Nient’altro che quella di una superstite campanella datata 1813, i cui rintocchi riescono ancora a librarsi nell’aria una volta che si decida di salire sull’antica torre e percuotere con il battaglio le pareti del vecchio bronzo.
Non è questa la musica di cui voglio parlare. Ma di un rapido passaggio di quella teoria dei rapporti musicali che Leon Battista Alberti espone nel libro IX del De re edificatoria (uso l’edizione a c. di V. Giontella, Torino, Bollati Boringhieri, 2010). Mi riferisco al doppio diapente o sesquialtera doppia che, fermi restando al diapente semplice, il celeberrimo architetto descrive in questi termini: «la lunghezza della corda maggiore contiene l’intera lunghezza della minore più la metà di quest’ultima» (quinta: 2/3) e che, al contrario, quello doppio risponde alla relazione 4/6/9. Che cosa implica tutto questo? Che la facciata della chiesa di S. Nicola è caratterizzata da tale rapporto. Che per siffatta ragione si presenta come un doppio diapente. Di un doppio diapente – aggiungo – che, celato agli occhi dei fedeli, accoglieva con sensibilità questi ultimi al suo interno.
Lo schema albertiano della proporzione musicale a doppio diapente
Lo schema albertiano della proporzione musicale a doppio diapente
La multitudo, dunque, attraversava il prospetto della mensura intellectualis percepibile con la musica del silenzio solo da chi osservava e, osserva, con gli occhi della mente. Diversamente, si trova a rappresentare un semplice fronte partito da una chiesa e da una torre che rinunzia alla comprensione della proporzione. Che non è ciò che interessa.
La chiesa non nasce come progetto unitario. Ma raggiunge il suo singolare effetto dalla pura casualità. Lo apprendiamo dalle date graffite sui paramenti murari che ne scandiscono le fasi costruttive. La torre, che si innesta su di una roccia calcarea, viene eretta nel 1514. La chiesa a navata unica, venticinque anni più tardi, nel 1539. L’ultima data registrata è relativa al 1720 che vede la realizzazione di un transetto absidato sul lato ovest di cui sopravvive ancora il paliotto in pietra.
La navata unica della chiesa. Sull’architrave la data della fondazione: 1539
Per il resto, si incontra un recinto sempre in pietra che, racchiudendo l’area sacra, si trova disposto lungo la ripa della sommità collinare. L’edificio sostituisce interamente – più che rinnovare – l’altro documentato nella Cedula subventionis generalis del 1320 (che testimonia, tra l’altro, la presenza di un casale). Da una ricognizione rapida condotta su un piano a forte vegetazione spontanea non risultano purtroppo frammenti medievali. Si tratta di un’assenza solo temporanea che risulterà colmata da un lavoro tutto da intraprendere. Che dire di più. L’antico insediamento abitativo si disloca “a chiocciola” lungo il percorso che conduce verso l’alto. Sono visibilissimi i resti che accompagnano tale itinerario. La data della campana indica che fino al 1813 la comunità si allocava lungo il fianco della collina. E che il trasferimento verso il pianoro sottostante si era venuto disegnando solo posteriormente a questo periodo.
Il transetto con il paliotto
Il recinto sommitale della chiesa. Sullo sfondo, Carovilli
Visto dall’alto, il borgo ottocentesco di Castiglione con la nuova chiesa
Il breve profilo qui tracciato ha solo uno scopo: sottolineare la rapsodicità costruttiva del manufatto religioso nei confronti dell’ambiente in cui si inscrive. A dimostrazione del fatto che modelli edificatori cinquecenteschi con proporzioni musicali possono realizzarsi anche con maestranze locali .
A questo punto mi chiedo: avrei potuto scoprire tali relazioni (segrete?) al di fuori dei cammini del prodotto topico? E soprattutto, avrei potuto individuarle senza le sollecitazioni prodotte da un concerto d’arpa, tappa di questo itinerarium? Alla domanda non so dare risposta. Ma certamente il contributo è stato significativo.
Luigi Murolo