La vera lesione non è nella mura
SAN SALVO | Mons. Bruno Forte fra tre giorni riceverà il Comitato per la ristrutturazione della Chiesa di San Nicola. Ma non gli sarà sfuggito ciò che il Centro di oggi, in prima pagina nella edizione di Chieti
(e a tutta pagina nella rubrica Vasto San Salvo), ha pubblicato, cioè le crude immagini di ieri, relative al sit di abbraccio alla Chiesa affinché nessuno la demolisca. La collega parla di un centinaio di persone e per chi leggerà il pezzo a Francavilla è solo un numero. Ma per noi che siamo di San Salvo ed abbiamo visto chi c’era al sit in ed abbiamo sentito chi ha parlato non si tratta solo di cento (o più) persone. Si tratta dei più stretti collaboratori del parroco. Infatti a leggere la lettera aperta sono stati Fabrizio Ciurlia e Stefania Ciocca, i quali non sono due parrocchiani di passaggio. Né sono come Corrado De Leonardis o Raimondo Pascale o Massimo Di Bartlomeo o il sottoscritto che a quella Chiesa siamo per lo più legati da un legame affettivo per averla vista edificare sul campetto di calcio della nostra infanzia. Non sono neanche come Armando Tomeo che è legato a quel sacro edificio per averla inaugurata da sindaco. Né sono come Marchese, Angelucci, Faienza e Faga, che hanno voluto esserci forse in virtù della carica amministrativa che ricoprono. No. Ciurlia e Ciocca non sono come tutti noi che stavamo lì. Sono i più stretti collaboratori del parroco, che animano la comunità, la frequentano, la stimolano e la rappresentano. Se anche loro, anzi…se loro per primi hanno sentito il bisogno di dire “coram populo” che dissentono profondamente da colui che ha chiamato i vigili del fuoco (il parroco, ndr) vuol dire che ogni forma di dialogo tra Mons. Carlucci e la “sua” comunità è saltata. Come fa un parroco ad attivare un’azione pastorale se i suoi collaboratori più vicini non condividono una delle azioni cardine del suo operato ? Anche ammesso che il vescovo riesca ad ordinare una perizia che attesti la non pericolosità della Chiesa o che ordini i lavori di ristrutturazione e che, di conseguenza, la Magnacca riapra le porte del tempio, si sanerà la lesione vera tra il parroco ed i parrocchiani, tra il capo spirituale della comunità ed i responsabili delle Associazioni di supporto ?
Ciò che dovrà risolvere il vescovo, a questo punto, non è solo la lesione delle mura, ma la lesione dello spirito comunitario che le lesioni murali hanno generato. Anzi, per dirla tutta che la gestione delle lesioni murali hanno generato. Il vescovo di Chieti è spesso indicato come possibile cardinale e potenziale capo di diocesi importantissime e metropolitane, riesce a dialogare con un filosofo come Massimo Cacciari ed è noto per aver fatto gli esercizi spirituali al Papa emerito. Quindi è un profondo conoscitore dell’animo umano e delle dinamiche che sovrintendono alle relazioni di Santa Romana Chiesa, dai livelli più alti a quelli (si presume) più bassi della gerarchia. In quanto tale egli è conoscitore tanto della personalità di Mons. Carlucci (uomo di profonda fede che, però, tira diritto) e sia della personalità della parrocchia di San Nicola (soggetto molto dinamico, fondata da un uomo di fede dinamico e che aveva collaborato lealmente con il parroco successivo). Poteva lui, l’ arcivescovo, prevedere che la personalità (individuale) di questo parroco e quella (collettiva) della parrocchia non si capissero ? E se anche non l’avesse previsto, a questo punto, solo lui può creare o ricreare nuove relazioni basate sulle reciproca comprensione. Se i tecnici ed i muratori dovranno pensare a sanare le lesioni capillari murali, il vescovo dovrà pensare a sanare le lesioni relazioniali (non proprio capillari) e spirituali tra il parroco ed i parrocchiani.
La città e le sue forze vive ad ogni livello guarderanno con molta attenzione alla gestione vescovile di questa vicenda ed all’evoluzione delle due lesioni (murale e spirituale), perché quella parrocchia ha sempre generato idee, azioni, risorse, amministratori che sono stati importanti per l’intera città. Quando alcuni giovani di San Nicola decise di uscirne e fondare Rinascita cristiana vennero accolti dalla parrocchia di San Giuseppe. Se dovesse proseguire la divaricazione tra parroco e collaboratori diretti e questi ultimi dovessero uscire, da chi andranno ? Ove Ciurlia, Ciocca, ecc…smettessero di profondere impegno di solidarietà, di attività e di socializzazione sarebbe un danno culturale per tutta la città. E questo Mons. Forte non lo può permettere, non solo perché ha responsabilità ecclesiali rispetto ai suoi fedeli, ma anche per responsabilità sociale rispetto a tutti cittadini (e non a caso ieri dietro lo striscione c’era Mario Codagnone, la cui laicità è ben nota). Giovedì cortesemente qualcuno glielo dica al vescovo.
Ods