La lezione di Danilo Cavaliere
PALOMBARO | Si sono svolti alle 17 del 29 agosto scorso, nella Chiesa di Madonna dell’ Assunta di Palombaro, i funerali di Danilo Cavaliere, consigliere del suo Comune, della Camera di commercio di Chieti e segretario generale dell’ Aiccre Abruzzo.
Alla cerimonia religiosa, celebrata dal parroco Don Domenico Campitelli e da altri tre suoi confratelli, tra cui il parroco precedente, hanno presenziato migliaia di cittadini e decine di autorità, tra le quali il sottosegretario al Ministero di Grazia e giustizia, Federica Chiavaroli, il presidente del Consiglio regionale Di Pancrazio, l’assessore regionale Donato Di Matteo, esponenti dell’ Udc regionale tra cui Enrico Di Giuseppantonio, Tonino Menna e Rodolfo De Laurentis, moltissimi sindaci, capitanati dal primo cittadino di Palombaro Consuelo Di Martino. La quale ha chiuso gli interventi di saluto, preceduta dai responsabili del museo del minatore, dall’amico e socio Fabio Travaglini e dagli amici d’infanzia.
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Nel 2014 diedi il Premio San Vitale (un riconoscimento a chi “porta” il nome di San Salvo oltre i suoi confini) ad Agostino Monteferrante e Tiziana Magnacca. Il primo, in quanto eletto nell’ assemblea nazionale del Pd e la seconda, in quanto nominata al vertice provinciale di Forza Italia. La Magnacca, nel ricevere la pergamena e la statuetta, mi ringraziò dicendomi che avevo avuto coraggio a premiare due politici, in un momento in cui tutti ce l’hanno con la classe politica. Avercela con la classe politica è sbagliato ed esagerato, per quanto non propriamente democratico. Infatti, se è vero che molti politici sono cinici ed ipocriti, è altrettanto vero che molti altri sono generosi e sinceri. Danilo Cavaliere è stato un politico, non c’è dubbio, ma sicuramente generoso e sincero. E non lo dico solo io, che pure l’ho conosciuto bene e ci ho lavorato, ma l’hanno detto, in lacrime, gli amici d’infanzia, che lui sapeva coinvolgere nelle tante iniziative sociali e culturali, con cui animava la sua comunità. L’ hanno detto i sacerdoti sull’altare e soprattutto l’hanno detto i volti straziati di tutti i suoi concittadini presenti al suo funerale. Per taluni, la militanza politica rappresenta il trampolino di lancio ed il mezzo per fare carriera e crearsi uno spazio sociale, per altri è invece l’occasione per fare volontariato sociale, per rappresentare la propria comunità, per crearsi relazioni amicali, affettive e sincere, basate sull’appartenenza a valori o territori d’origine, bisognosi di mettersi in rete. Danilo Cavaliere da consigliere comunale non prendeva un euro, eppure organizzava tutti gli eventi sociali, pubblici e musicali di Palombaro; da consigliere della Camera di commercio prendeva solo i gettoni di presenza alle sedute eppure era venuto in Canada a sue spese; da segretario dell’ Aiccre veniva solo rimborsato, eppure era un punto di riferimento per tutti i sindaci dell’ Associazione. Danilo ha fatto tante cose, nonostante la sua giovanissima età, ma senza mai chiedere nulla in cambio, anzi –come ha ricordato Fabio Travaglini – amava organizzare, senza ostentare. E si metteva in disparte, non saliva sui palchi e, da dietro le quinte, si godeva il risultato del suo lavoro. Che, quindi, non era un lavoro per se stesso, ma per gli altri. Nelle scienze sociali c’è un dibattito perenne tra i sostenitori dell’individualismo e quelli dell’olismo metodologici. I primi si realizzano con azioni, oltre che individuali, sostanzialmente rivolte a se stessi, mentre i secondi si realizzano con azioni rivolte agli altri, tendenti a compiacere gli altri, a lasciare qualcosa agli altri, a sentirsi parte di un tutto prima che parte di se stessi. Se si è orientati verso gli altri non si rispetta solo il primo comandamento cristiano (Ama il prossimo tuo come te stesso), ma si fanno azioni sociali costruite sulla roccia, che generano il proposito (che tutti hanno detto di Danilo) di portare avanti l’ eredità sociale lasciata, quindi si vive anche dopo la morte. Per questo, Danilo continuerà a vivere nella strada che gli verrà intitolata, nei concerti che saranno ancor più organizzati nella Grotta Sant’ Angelo, nello spirito comunitario che lui ha senz’altro reso più coeso. In una società che mette al primo posto l’immagine come autopromozione, essere protesi a promuovere il collettivo prim’ancora che l’individuo non è facile, ma questa caratteristica individuale ed antindividualista viene riconosciuta dalla gente. Che perciò era così numerosa al funerale di Danilo. E lo sarebbe stata anche se lui avesse avuto settant’anni, perché la presenza così affranta, così qualificata e così popolare era un atto dovuto non verso un giovane che se ne andava, ma verso un uomo buono che aveva fatto tante cose per gli altri. Anzi che in poco meno di dieci anni di militanza era riuscito a rappresentare la buona politica, quella non cinica e né ambiziosa, ma appassionata e disinteressata. Grazie Danilo.
Orazio Di Stefano