Ora che pure Grasso se ne e’ andato…
Ora che pure il presidente del Senato, Piero Grasso, se ne è andato dal Pd, cosa succederà ? Non lo sappiamo, anche se prevediamo che la cosa non porterà certi voti e né farà bene al Partito democratico ed al suo renzismo. Se si parla con un renziano convinto
o con un esponente democratico, costui ci dirà che il Pd vincerà le imminenti elezioni. Prima delle ultime comunali un noto dirigente del centrosinistra sansalvese, a cui ricordai che cinque anni prima gli avevo detto che avrebbe perso il Comune, mi rispose: “Si lo sapevo pure io, ma mica lo venivo a dire a te…”. Quindi per il gioco delle parti, ci diranno che vinceranno, anche se in cuor loro sanno bene di perdere, per il combinato disposto del Resatellum (che avvantaggia il centrodestra) e dello sputtanamento come la vicenda Grasso (che toglie loro i voti dei puri, spostandoli verso Mdp o verso le 5 Stelle). Tuttavia, anche per non mettere il dito nella piaga ulteriormente, più che vedere cosa succederà dopo le elezioni (Governo di centrodestra, Governo di coalizione Pd-Fi, Governo Di Maio, in ordine di probabilità, sulla base delle indicazioni elettorali), vediamo perché il Pd è così in difficoltà, tanto da perdere una figura istituzionale come la seconda carica dello Stato.
All’ elettorato di base, soprattutto a quello di formazione ex comunista, dal ‘76 in poi i vertici del partito hanno ripetuto che la militanza si sostanziava in un impegno morale, poiché la vita pubblica avrebbe dovuto essere basata su onestà, trasparenza e prevalenza del senso delle Istituzioni sugli interessi propri. Per questo, attorno alle parole d’ordine come “questione morale, diversità, sobrietà degli stili di vita” si sono aggregati magistrati, insegnati e militanti morigerati e severi, oltre alla stessa sinistra cattolica, che aveva avuto il massimo apice nella segreteria dell’ onesto Zaccagnini, in qualche modo poi proseguita da Bindi, Prodi ed altre figure del Ppi, confluite nel Pd. Questo elettorato ha sempre disprezzato la politique d’abord craxiana e poi ha aspramente combattuto quella berlusconiana. E’ chiaro che la gran parte di questo elettorato non si riconosce nella cosiddetta “spregiudicatezza renziana” ed il primo segnale era arrivato fin dalle elezioni in Emilia Romagna, in cui votò solo il 37,71%, dato dimostrativo della astensione degli ex comunisti. Nell’immaginario collettivo “questione morale, diversità, sobrietà degli stili di vita” sono oggi incarnati dalle 5 Stelle, per cui all’interno del 25%-30% che vota Grillo ci sono molti delusi dalla politica e dall’immagine di Renzi, anche se nell’elettorato grillino si trovano tanti votanti provenienti da destra, ma si tratta più non tanto tuttavia delusi per ragioni morali, quanto per il rimprovero a Berlusconi di non aver reso efficiente lo Stato, come promesso nella cosiddetta rivoluzione liberale del ’94.
Il problema di Renzi è che lui perde a sinistra per le ragioni suddette (emblematica l’uscita di Piero Grasso), ma non recupera a destra, che resta ben presidiata. Dunque il renzismo si avvia al tramonto, quantomeno elettorale. Resta da vedere se anche il Pd seguirà il declino del leader.
Ods