Editoriali

DAlfonso e Di Matteo

Lo scontro D’Alfonso – Di Matteo e’ una cosa seria, quindi…

Stamattina di buon ora ho ricevuto da un autorevole consigliere regionale d’opposizione le dichiarazioni (riportate tra virgolette sul blog di Lilly Mandara) fatte dall’assessore regionale Donato Di Matteo contro Luciano D’ Alfonso e Silvio Paolucci.

Poco fa, quelle stesse dichiarazioni sono state postate sul mio profilo facebook dal coordinatore locale di “Noi per Salvini” ed ovviamente ora impazzano sulla rete. E’ probabile che domani saranno in prima pagina sui quotidiani locali e ripresi da quelli nazionali. Sei giorni fa avevo scritto al segretario provinciale Cordisco: “…Gianni sa quanto me che può anche non finire bene il Pd, avverte lo sfacelo che succederà (a livello regionale) se il più votato ed autorevole assessore di D’ Alfonso gli si dovesse candidare contro con LeU e ad allora…”. Da retroscenista conoscevo lo scontro fratricida in nuce.

Ora non sappiamo se Di Matteo andrà fino in fondo e cioè se si candiderà contro il “suo” presidente…doppiamente suo, anzitutto perché presiede la Giunta di cui fa parte e poi perché stanno entrambi “ancora” nello stesso partito. Ma comunque finisca, con o senza l’ elezione di D’ Alfonso al Senato, con o senza il suo ingresso nel futuro Governo Pd – Fi (e stamattina ad Omnibus il governatore della Puglia Emiliano lucidamente diceva che il partito democratico può tornare al Governo solo con Forza Italia, poiché è praticamente impossibile che vinca da solo), è certo che la Giunta regionale di centrosinistra è politicamente finita. Tanto è vero che l’opposizione già usa questa ennesima divisione per dimostrarlo e preparare la campagna elettorale per l’ alternativa. Senza o contro Di Matteo (ed il suo notevole apporto elettorale) il Pd non vincerà le prossime elezioni. Ma anche se il buon Donato dovesse “rientrare” nei ranghi, il rapporto col leader del Pd regionale si profila irrecuperabile. Per questo, al punto in cui è arrivato, a Donato conviene fare quel che hanno già fatto (a Renzi) Bersani e D’ Alema. I quali sono di tradizione comunista (come l’assessore regionale ai lavori pubblici) e per loro il partito ha una certa sacralità, tanto che uscirne è cosa dolorosa e quasi contro natura. Se Bersani e D’ Alema hanno rotto è perché hanno capito che nel Pd non avrebbero più contato un tubo. Infatti, Renzi non è Berlusconi. Quest’ultimo avrebbe voluto la Gelmini candidata presidente in Lombardia, ma ha accettato il leghista Fontana, perché vuole vincere e quindi non può rompere con Salvini. Renzi non è Berlusconi, capace di accettare, come un figliol prodigo, un Lupi qualsiasi, che lo aveva tradito per sostenere il Governo di centrosinistra. Matteo Renzi è un rottamatore e quindi con gli avversari interni ci litiga e rompe anche sul piano personale. Lo stesso fa il nostro D’ Alfonso, seguito dai gregari. Di Matteo ha avuto il coraggio di alzarsi e contestarlo in pubblico, cosa che rende il rapporto tra i due irrecuperabile. A questo punto, gli conviene andare fino in fondo e fare come Bersani e D’Alema, almeno avrà la copertura politica di  LeU ed il suo sarà un apporto determinate per cambiare la classe dirigente abruzzese che combatte così aspramente. Poi ci sarà il problema di ricostruire… ovviamente dall’opposizione, tanto si sa che in Abruzzo le legislature sono alternate tra destra e sinistra, salvo che il terzo incomodo delle 5 Stelle stavolta non riesca a rompere la catena. Chi ricostruirà ? Forse arriverà dall’alto il miracolo di San Giovanni…

                                                                                                                                 Ods

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