Civeta: come si arriva ad un esproprio politico – parte prima
CUPELLO | Se c’è una storia paradigmatica che dimostra il progressivo impoverimento e quindi il fallimento della classe politica del vastese, quella è la storia del Civeta, del quale mi sono occupato tre volte. La prima, come amministratore di San Salvo, alla metà degli anni ottanta.
La seconda, come giornalista di Qui quotidiano, attorno al 2010. La terza, come editorialista, adesso.
Da amministratore del Comune di San Salvo fui eletto nell’assemblea del Costituendo Consorzio per la discarica consortile del vastese nel 1986. Quell’assemblea era composta dai rappresentanti dei Comuni fondatori. Se non ricordo male: Vasto, San Salvo, Casalbordino, Pollutri, Monteodorisio, Villalfonsina, Scerni, Lentella ed ovviamente Cupello, che era stata individuata come sede del sito. Prima che entrassero i sindaci di sinistra di San Salvo e Cupello, erano tutti democristiani, di fede gaspariana, tranne Lentella (che, forse qualche anno prima, all’atto della fondazione, era stata inserita proprio perché comunista). Evidentemente Gaspari avrebbe fatto finanziare l’opera, ma non voleva che la potente opposizione del Pci si mettesse di traverso. Del direttivo facevano parte i sindaci. Tonino Prospero di Vasto aveva rinunciato, in favore di un suo autorevole delegato: Leone Liberato. Il quale, per quanto semplice consigliere (che peraltro aveva fatto parte della dissidenza di Silvio Ciccarone), era molto rispettato dai primi cittadini. Dell’ assemblea facevano parte tre rappresentati per ciascun Comune: uno di minoranza e due di maggioranza, tra cui il sindaco o suo delegato. Ricordo (quasi) nitidamente i compianti Di Silvio di Cupello, Di Virgilio di Casalbordino, Sciascia di Lentella, ma anche Mariotti di San Salvo e di Giacomo di Monteodorisio. Si trattava di politici autentici, di lungo corso e di forte appartenenza. Se si alzava per parlare Di Silvio o Mariotti, non era quasi mai per esprimere posizioni personali. Essi riferivano le posizione del proprio partito, magari concordati col leader zonale Di Vito a Piazza del Popolo (sede zonale comunista). E lo stesso facevano De Liberato o Di Virgilio o Di Giacomo, rappresentati della Dc di Gaspari ed Artese. Di conseguenza, a confermare l’ubicazione (e le compensazioni) della sede a Cupello fu di fatto il Pci, quando subentrò l’ Amministrazione Di Silvio nel lontano 1985. Sarebbe stato facile per quel partito (allora opposizione al Governo, alla Regione ed alla Provincia) far saltare tutto e dire: “Sta discarica non si fa a Cupello !”. Ma i comunisti scelsero la linea della responsabilità, perché le forze politiche del tempo (tutte) erano forze responsabili ed i propri uomini dovevano allinearsi e dovevano pure convincere qualche dissidente interno. Io, che avevo vent’anni e mezzo e mi trovavo tra quelli che al tempo consideravo mostri sacri della politica, non mi permettevo certo di parlare in assemblea, ma votavo come mi dicevano quelli più grandi. Parlai una sola volta e sempre su mandato. Michele Di Vito e Pierino Sciascia si erano incavolati perché la Dc non aveva concordato preventivamente il bilancio. Ovviamente la sinistra non poteva votare contro (per le ragioni suddette) ed allora si voleva (come massima sanzione) posticipare l’approvazione. Feci un intervento durissimo, tanto che alla fine mi si avvicinò il sindaco di Casalbordino e mi chiesi cosa studiassi all’ università, poi mi disse benevolmente: “Bè oggi hai un po’ esagerato”. La Dc ritirò il punto, che approvammo concordemente una decina di giorni dopo. Ma Nando Cianci fece un articolo sul Centro, ritenendo quel rinvio il frutto della battaglia della sinistra. Gaspari lo venne a sapere e richiamò De Liberato. Il quale successivamente se ne lamentò con me, dicendomi: “Per colpa tua e di Nando (Cianci, nda) ho avuto un cazziatone dal ministro”, confermandomi che la linea era: La discarica consortile va fatta. Troppi sindaci sono inquisiti dai pretori d’assalto per la gestione delle singole discariche comunali. Il finanziamento ministeriale è pronto e non lo si può mettere a rischio per piccoli problemi di gestione assembleare. La discarica si fece, sia pure quando Gaspari non comandava più ovvero quando Di Silvio era tornato sindaco (dopo la parentesi Di Fabio) ed erano entrati nelle Amministrazioni gli ex missini capeggiati da Peppino Tagliente. Decoroso Boschetti, ex consigliere di destra a Cupello e vice presidente della Comunità montana di Gissi (poi coinvolta nel Consorzio per la discarica divenuto Civeta), racconta che davanti ad una sua speciale ventricina si fece l’ accordo tra sinistra e destra, alla presenza di Mariotti, Tagliente e Di Silvio, per affidare la presidenza a quest’ultimo e soprattutto per avviare concordemente l’impianto.
Ods