Ho letto e condiviso (non solo su Facebook) l 'ultimo corposo e meditato articolo di Massimo D' Alema su Huffington Post, voglio spiegarne le ragioni. Parto da una considerazione. Massimo D' Alema nasce comunista (anche nel senso, per così dire, anagrafico,
perché papà suo era un deputato di Togliatti), poi viene "affascinato" dal Sistema, che lo rispetta e lo considera a tal punto che a proporlo COME PRIMO EX COMUNISTA ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI è un vecchio saggio come Francesco Cossiga. Da premier, D' Alema scavalca a destra la socialdemocrazia classica, propone l' Ulivo mondiale con Blair e Clinton, insomma è uno dei fautori della globalizzazione. Ma... c'è un ma. Lui pensa di poterla governare questa benedetta globalizzazione. Ora che ha visto i risultati, con la sua nota intelligenza politica, riconosce che l' establishment mondiale ha di fatto assorbito la sinistra ( ossia la socialdemocratica classica) e l'ha semplicemente allontanata dalle masse popolari e dal cosiddetto ceto medio produttivo (figlio anagrafico delle masse popolari), generando movimenti nuovi (Podemos in Spagna, Malenchon in Francia, Esquerda in Portogallo e 5 Stelle da noi). In Italia, secondo D' Alema, le tematiche classiche del M5S sono quelle della sinistra, anche se mediate nel Governo di compromesso storico 3.0 (Salvimaio). Si tratta di una vera e propria onesta autocritica del vecchio leader: nella storia i comunisti non hanno mai avuto paura dell' autocritica, che è sempre stata motore delle loro ripartenze. Se la sinistra vuole TENTARE di recuperare (non solo è non tanto sul piano elettorale) deve partire dall' autocritica di Baffino, tornando a Keynes, cioè agli investimenti che danno lavoro e soldi ai più poveri. E se la destra tecnocratica di Bruxelles (cit.Massimo D' Alema) non lo consente, allora si traggano le conseguenze, come hanno capito Salvini e Di Maio, che almeno su questo hanno ragione
Ods
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