Editoriali

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L'insegnamento di De Michelis per tutte le vittime di tutte le diaspore

Sono stato (e sono) impegnato, ma non posso fare a meno di scrivere di Gianni De Michelis nel giorno della sua morte. Sento il dovere di ricordarlo, perché l' ho conosciuto personalmente, nell' esperienza del Nuovo Psi (2001-2007) a cui ho aderito. Tuttavia, non voglio tracciarne

il suo profilo e neanche ricordare i piacevoli momenti negli organismi da lui presieduti come leader e di cui io ho fatto parte, insieme a Ugo Giannunzio.
Voglio, invece, prendere spunto da ciò che è stato De Michelis dopo la diaspora socialista per commentare alcuni fatti locali.
L' ex ministro, nella seconda repubblica, ha fondato un piccolo partito (il Nuovo Psi) e lo ha collocato nella Casa delle Libertà ossia nello schieramento politico parlamentare di centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi. In quella esperienza, il Nuovo Psi ha avuto 5 parlamentari e due-tre membri di governo. Ovviamente costoro non contavano molto, non decidevano le linee politiche nazionali e internazionali, ma hanno avuto dei ruoli, sia pure marginali. Lo stesso De Michelis nel 2004 è stato eletto al Parlamento europeo, grazie alla spinta propulsiva di quella esperienza. Cosa non di poco conto se si pensa che dieci anni prima il Psi era pressoché scomparso dalla scena parlamentare e quattro anni prima Craxi era morto esule ad Hammamet.
Perché fu possibile per un partito da sempre collocato a sinistra fare quella (non breve) esperienza a destra? Perché il gruppo dirigente del Nuovo Psi restò fortemente socialista, legato alla propria storia ed alla propria identità. Non rinunciò mai ai propri valori e non ripudio' mai il suo passato, che era stato diverso da quello dei berlusconiani (che prima del '94 non avevano fatto politica), dei democristiani dell' Udc e soprattutto dei postfascisti di An. Pur collaborando con questi ultimi, i socialisti restavano ideologicamente socialisti, ancorati alla propria storia e non certo postideologici.
Vediamo all' oggi: che sia postideologico un giovane gialloverde ci può stare, perché prima di diventare leghista o grillino non aveva il senso dell' appartenenza. Ma nessuno che è stato comunista, socialista o democristiano, che ha avuto ruoli riconosciuti in questi tre partiti fino al '94, può diventare postideologico. Può cambiare partito, ma se lo fa é comunque un ex. La cosa migliore, invece, è fare come ha fatto Gianni ovvero dire: 1) non rinnego niente del mio passato, anche se il mio partito ha sbagliato, come tutti del resto; 2) resto quel che sono stato, anche se ora collaboro con persone o partiti lontani dalla mia tradizione; 3) questa nuova collaborazione è dunque a tempo e dipende da alcuni fatti temporali. Non dire queste tre semplici cose, farsi annettere da altre tradizioni, sputare nel piatto in cui si è mangiato, mettersi ad elogiare avversari che si sono combattuti significa essere "sbandati" dalla diaspora. De Michelis non lo fu, perché appunto non rinnego' mai il suo passato. La sera in cui morì Craxi, a Porta a Porta, in lacrime, egli elogio' Lotta continua per aver saputo conservare la Rete e la solidarietà, al contrario di molti socialisti che si erano fatti annettere a destra o a manca. Dopo la Dc ed il Psi, questo è il momento della "diaspora per i compagni di tradizione comunista". A costoro voglio dire: difendete la vistra tradizione ed impedite ad altri di appropriarsi delle vostre icone, operazione che diventa possibili sia parte dei postideologici che non conosco la storia politica (perché non l' hanno vissuta) e sia da parte dei furbetti, che vogliono occupare le praterie ideologiche lasciate libere dalle diaspore. Grazie Gianni per avermi dato questo insegnamento anche nei tempi bui della diaspora socialista

Ods

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