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Immigrazione:  Di Pierro risponde a Ods

Carissimo Orazio, il problema dell’immigrazione non è una pagina del libro cuore, diversamente narrata. Le narrazioni dense di pathos e le rappresentazioni caramellose e retoriche che si fanno del problema, non c’entrano un fico secco

con l’approccio e la gestione che la politica (la P.O.L.I.T.I.C.A., non la Chiesa o le ONG) dovrebbe avere col problema. Quando parlo del problema e esprimo delle opinioni al riguardo, è su questo piano che cerco di affrontarlo. Il razzismo, la xenofobia, la paura del diverso, con le questioni che la politica deve saper affrontare per gestire la questione non c’entrano nulla. Per te (e molti altri) non dovrebbe essere un mistero, ma visto che nel tuo commento hai fatto di ogni erba un fascio, forse è opportuno che io ribadisca quelle che sono le reali posizioni e opinioni che ho sul tema dell’immigrazione, ma non l’immigrazione tout-court, riferito genericamente ad un fenomeno vecchio e antico quanto è antico il mondo, bensì al fenomeno specifico dell’immigrazione di questi mesi dalla sponda sud del Mediterraneo, che prima la politica imperialista e scellerata degli americani in Siria e poi quella altrettanto imperialista e scellerata di francesi e inglesi in Libia hanno creato, alla quale inopinatamente si è accodato anche Berlusconi, spinto dall’allora Presidente Napolitano, non accorgendosi che quella era soprattutto una guerra CONTRO L’ITALIA, che aveva come principale obiettivo le concessioni petrolifere che l’ENI aveva ottenuto da Gheddafi. Insomma, anche il Governo italiano partecipò ad una guerra contro…..l’Italia. Da non crederci! Se non fosse serio e tragico, ci sarebbe da ridere. 
Torniamo a noi. A me personalmente il colore della pelle di una persona non mi ha mai disturbato e non mi disturba, così come non mi ha mai disturbato il suo credo religioso o i valori ai quali fa riferimento. Purchè, ovviamente, venga ricambiato dello stesso rispetto. Non ritengo neanche che il fenomeno sia una “invasione”. Penso invece che sarebbe perfettamente gestibile, ma il governo italiano non sa gestirlo. Non sa gestirlo perché non ha il coraggio di fare delle scelte; galleggia sul problema e alimenta esso stesso i peggiori sentimenti razzisti e xenofobi. Premesso questo, va da sé che il compito primario della politica è saper analizzare e capire la natura reale del problema del quale si parla, perché se sbaglia l’analisi, quindi la diagnosi del problema, non c’è alcun dubbio che sceglierà delle soluzioni sbagliate che aggraveranno il problema stesso, che presto gli sfuggirà di mano e finirà per aggiungere altri guai a quelli che invece avrebbe dovuto risolvere. Innanzitutto chiariamo subito un punto: chi viene in Italia (con qualsiasi mezzo) perché sta scappando da una guerra, e lo si accerta, ha diritto all’asilo politico secondo le norme e le procedure previste dalle convenzioni e dai trattati internazionali. Questo non è neanche in discussione, PUNTO! Però il fenomeno che abbiamo di fronte e ci fa discutere, in massima parte non c’entra nulla con i problemi che riguardano i profughi e i rifugiati. Qui siamo di fronte ad una moderna tratta degli schiavi, che nella quasi totalità (certo potranno sempre esserci delle eccezioni) finiranno nel mondo del lavoro nero, schiavizzato, dove le uniche regole che vigono sono quelle del caporalato e dello sfruttamento più spietato. Sicuramente ci saranno anche dei “fortunati” che non finiranno nelle grinfie dei caporali, ma cercheranno di adattarsi alla vita che potrà garantirgli chiedere l’elemosina o vendere accendini davanti ai Centri Commerciali. Se questo è ACCOGLIENZA, SOLIDARIETA’, PROSPETTIVA DI VITA per ognuno di loro e per i loro figli, lo lascio valutare a te. L’ho scritto molte volte e lo ripeto per l’ennesima volta. 
Questo fenomeno ha tre soluzioni possibili (solo TRE, non ce ne sono altre):
1) facciamo entrare chiunque voglia venire e poi li manteniamo a vita (in albergo o altrove, non ha importanza);
2) facciamo entrare chiunque e li regolarizziamo senza particolari restrizioni, anche riconoscendo loro a breve termine la cittadinanza, poi li mettiamo sul mercato del lavoro, in concorrenza con i lavoratori italiani. Saranno ben felici di poter fare il loro lavoro anche per metà stipendio, rispetto ai lavoratori italiani. Se saranno felici anche i lavoratori (elettori) italiani, sarà tutto da dimostrare. E comunque qualcuno dovrà pur andare a dire ai lavoratori italiani che se non accetteranno il taglio del 50% del loro salario, saranno sostituiti senza problemi da giovanotti nigeriani, libici o sudanesi.
3) Non li si fa entrare, con le buone o con le cattive. O meglio si farà entrare solo chi dimostra la propria identità CERTA; di avere qualcuno disposto ad assumerlo e dargli un lavoro regolare e versargli i contributi (così facciamo contento Boeri, il Presidente dell’INPS); una casa e un domicilio CERTO. Insomma, si applicano -più o meno- le stesse regole di noti paesi razzisti e xenofobi, come Australia, Canada, Giappone, Norvegia.
Secondo te, e tutti quelli che si sentono cittadini del mondo, cosmopoliti, minoranza antirazzista, che si commuovono a vedere due bimbi (uno bianco e uno di colore) ciondolare sulla stessa altalena, e tutte le altre anime belle che non cito, quale sarebbe la soluzione migliore e la più democratica e civile tra le tre sopra elencate? 

P.S. - Io sono socialista e democratico. Un democratico è -in re ipsa- antifascista. Un antifascista non è necessariamente un democratico.

Angeko Di Pierro

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