In mancanza di impianti sportivi, “I ragazzi del pero” si appropriarono del terreno di un medico
Agli inizi degli anni Cinquanta non esisteva San Salvo nemmeno una struttura sportiva. Un gruppetto di alunni , che frequentava gli istituti superiori nelle scuole di Vasto, si mise alla ricerca di un pezzo di terra per tirare due calci al pallone. Sapendo che il dottor Mario Artese
possedeva molti terreni, di cui uno nelle vicinanze di via Socrate abbandonato e rimasto incolto da anni, una notte al chiarore lunare, senza avvertirlo minimanente, si armarono di bidenti, zappe, carriole e si dettero da fare per pulire il terreno dalle erbacce infestanti. Tra sberleffi, canti e risate, impiegarono cinque notti consecutive di lavoro. Sentite adesso! Nel mezzo del campo stava un albero di pere spadone, che impediva di giocare liberamente. Praticamente, le partite si tenevano con il grande pero, che troneggiava in mezzo al terreno. L’allegra “combriccola”, alla vigilia della gara contro il Cupello, tagliarono il pero, lo caricarono su un carro e lo posero davanti al portone del suo proprietario, che quando aprì si mise ad imprecare contro gli artefici del “misfatto”. Stava per recarsi ad un avvocato, ma ci rinunciò perché tra i protagonisti della vicenda c’erano il suo compare di battesimo ed altri parenti stretti. Le partite contro Cupello, Fresagrandinaria, Montenero di Bisaccia si svolgevano ogni domenica pomeriggio. Questi gli idoli dei tifosi salvanesi del tempo: Doruccio Artese terzino potente e implacabile, Renato Sorge stoccatore come Meazza, Alfredo Di Rito il più tecnico, Erpinio Labrozzi mediano coriaceo, Raffaele Artese stopper roccioso, Pietruccio Artese centrocampista, Nino Di Rito portiere imperforabile. Subito dopo la partita si davano appuntamento al bar di “Filicìll” (Emilio Del Villano) per bere una birra fresca, ridere e scherzare. Il campo del “pero” non esiste più; è stato occupato da un groviglio di abitazioni. Là dove c'era l'erba ora c'e una città” Adriano Celentano. Il mito dei “Ragazzi del pero” è rimasto intatto. Lo sport era incontaminato dalla logica del profitto e della violenza; era sinonimo di libertà, divertimento, passione, allegria, emozione.