La lezione del mondo contadino
SAN SALVO | Venerdì sera ore 17,30 sala convegni della Cooperativa Eurortofrutticola. Momento di riflessione (sostanzialmente focus group) sul futuro del settore agriortovitivinicolo.
Parlano: Giuseppe Torricella (storico dirigente del movimento contadino progressista, oggi Cia), Olviero Faienza (assessore all’agricoltura della prima Giunta di centrodestra della città), Roberto Di Vincenzo (rampollo di una famiglia di imprenditori sempre legata al mondo moderato ed oggi a capo della Camera di Commercio), Nicolino Torricella (presidente della cooperativa, proveniente dal mondo agricolo moderato), Giuseppe Cornacchia (dirigente nazionale della Cia), Dino Pepe (assessore regionale all’agricoltura della Giunta di centrosinistra). Modera Fabio Tavaglini (di cultura moderata, oggi nello staff del presidente della Regione). L’evento è organizzato da Agri.promo.ter, il consorzio di Cia ed Uni.pmi, nel cui direttivo stanno Arnaldo Mariotti e Carlo Moro, non a caso seduti in prima fila. La sala è stracolma. Si fa difficoltà a capire la provenienza sociale o culturale dei relatori, perché parlano un italiano forbito tanto il borghese Di Vincenzo quanto il dirigente contadino Cornacchia e parlano un italiano concreto e sodo i due Torricella. Questo per dire che parlano tutti la stessa lingua e dicono più o meno le stesse cose, concordando praticamente su tutto. L’esempio fatto inizialmente da Torricella (Peppino) su “mezz’ettaro di terra che trent’anni fa ha mandato all’università i figli della povera gente” è ripreso da tutti i relatori. L’assessore Pepe esordisce proprio così: “Io incarno l’esempio fatto da Peppino. I miei genitori sono coltivatori diretti. Mio fratello ed io abbiamo studiato grazie al loro lavoro in campagna”. L’altro Torricella (Nicolino) cita i bandi del Psr Abruzzo a menadito e l’assessore (quello in carica) lo incoraggia a partecipare, come aveva fatto il precedente di centrodestra. A Via Conte di Ruvo, gli assessori del Pd o del Pdl sanno che questa è la più grande Op del centro sud e questo basta loro per capire che l’ Euortofrutticola ha i requisiti per accedere alle risorse comunitarie di sostegno al mondo agricolo. Ciò che fa riflettere di più lo dice Di Vincenzo: “Noi stiamo facendo il brand della Provincia, col nuovo Gal Costa dei Trabocchi, e questo aiuterà il vostro settore”. Cosa c’entri un’iniziativa di promozione territoriale (provinciale) con le pesche di San Salvo, il presidente della Camera di commercio lo spiega un istante dopo: “Come il brand Val di Non sostiene la commercializzazione delle mele, il nostro brand ha l’ambizione di sostenere i vostri prodotti, perché sappiamo che conoscere un territorio aiuta la vendita di ciò che vi viene prodotto. Gli fa eco Cornacchia: “i prodotti della terra raccontano il territorio”. Conferma Torricella (Nicolino): “A breve saremo nei supermercati austriaci a far assaggiare la nostra frutta e una famiglia di lì verrà estratta per passare una settimana da noi e vedere come coltiviamo o raccogliamo le pesche”. Ma perché attori sociali ed economici diversi parlano la stessa lingua ? Probabilmente i valori della cultura contadina sono nell’inconscio collettivo di tutti noi, poiché dall’inizio del mondo l’uomo è vissuto di terra ed allevamenti (qualche privilegiato col potere). Poi, con l’avvento della borghesia e della rivoluzione industriale, i rapporti di produzione sono cambiati, ma il legame con la terra è rimasto, sia pure inconsciamente. Tanto è vero che oggi, dopo l’ubriacatura del capitalismo industriale (che comunque ha enormemente allargato il benessere) e dopo l’avvento del capitalismo finanziario (che ci ha regalato una globalizzazione da “gestire” dicono sempre all’unisono i due Torricella) si parla di ritorno alla terra ed esplodono i numeri degli iscritti alle facoltà agrarie (cit. Pepe). Peraltro l’agroalimentare italiano che esporta poco meno di 40 miliardi di euro può arrivare a 90 miliardi (cit. Pepe- Cornacchia). Se guardi un contadino in sala lo vedi annuire, anche se forse non conosce questi numeri. Però egli sa bene che il settore non è morto, come ci veniva raccontato. E’ possibile che dalle campagne si torni a fare economia (“forse non con mezzo ettaro”). Ed è per questo i contadini (o i metal mezzadri locali) hanno tenuto e sono andati in campagna anche senza reddito. Altro che ragioni affettive: c’era comunque capacità produttiva, che, anche durante la crisi più nera, che se non dava soldi dava comunque prodotti da mangiare.
Tutta questa gente, che è passata dal benessere degli anni ’70 a “streppare le piante” negli anni ’90, ora rivede la luce in fondo al tunnel nella consapevolezza degli alti e bassi dei cicli economici, con il sostegno nella misura del 40% del bilancio europeo che è diretto all’agricoltura (cit. Pepe).
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La consapevolezza dei cicli economici ce l’hanno i commercianti ? O gli artigiani ? O le altre categorie messe in crisi? Non lo sappiamo e ci piacerebbe assistere ad un focus dove il capo degli artigiani locali (una volta era Gino Raspa) parlasse la stessa lingua dell’assessore regionale all’artigianato, di quello locale e del presidente della Camera di commercio. C’è qualcuno che è pronto ad organizzare un evento del genere in città ? C’è qualcuno che prende ad esempio la lezione che viene dal mondo contadino, che è dimostra di essere sociologicamente comunità contadina ? Forse non troveremo chi organizza un focus simile sul commercio, perché purtroppo non c’è una comunità commerciale…
Ods