Era di domenica pure quella volta
SAN SALVO | Era di domenica pure quella volta che accompagnammo al cimitero Adelmo D’ Alò. E sarà domenica anche domani, in cui San Salvo darà l’ultimo saluto ad Enzo, il figlio di Adelmo. Enzo, marito di Clementina e padre esemplare di Claudia, Adelmo e Gianluca,
ci ha lasciato oggi pomeriggio, dopo una lunga malattia. Quella volta (forse una ventina di anni fa) al ritorno dal cimitero ci fermammo in piazza con Tonino (suo cognato), Pietro, il compianto Gino e Fernando. E quest’ultimo disse: “Si dice che il Signore chiama su quelli di cui ha bisogno…forse gli serviva un camionista”, riferendosi al mestiere di Adelmo, che, tuttavia, giunto a San Salvo da Palmoli non aveva fatto solo l’autista. Era stato anche un costruttore, anticipando la seconda generazione di costruttori edili degli anni ’80. Adelmo, Bontempo, Fabrizio e, ancor prima, Giorgio Larocca erano stati edili della prima generazione, quella degli anni ’70 ed avevano costruito le prime case, di cui avevano bisogno gli operai in arrivo per le fabbriche appena aperte. Una generazione che aveva “cubato in centro” (Via Trignina, dove ancora oggi abita la famiglia D’ Alò e via della Mirandola). Era stata una generazione che si era tenuta a distanza dalla politica, aveva inserito i palazzi tra le case del primo novecento ed aveva avuto come progettisti i primi geometri. Questo per dire che non si trattava di palazzinari, ma di artigiani che sapevano costruire e, per questo, si erano messi a costruire, regalando a noi ragazzini del tempo la prima innovazione che ci fece sentire cittadini e non più paesani: la A&O. L’altra innovazione sarebbero stati i semafori. Non eravamo più in un piccolo borgo, perché nei piccoli borghi non c’è la A&O e nemmeno i semafori. Ma le persone (anche quelle che si erano messe a fare mestieri cittadini) erano ancora quelle dei piccoli borghi: serie, amanti della parola data, che vivevano le relazioni amicali nel centro. Ed infatti Adelmo lo avevo conosciuto al Bar centrale (l’attuale Tiffany), dove spesso parlavamo con Santino Del Casale di una politica pulita, che non accettava i diktat del potere, anche se la politica pulita e resistente causava a chi la praticava i dispettucci di chi comandava al tempo.
Di Adelmo ne ho spesso parlato coi nipoti, che non l’hanno conosciuto o l’hanno conosciuto solo da bambini, dicendo loro di essere orgogliosi di quel nonno così galantuomo. Forse perché io stesso ho avuto un nonno morto quando avevo solo due anni, che anche quarant’anni dopo ancora mi dicevano: “Ah, ma che brava persona che era tuo nonno”. La qual cosa mi faceva essere orgoglioso e felice, pur non avendolo praticamente conosciuto. Di Enzo non ho mai parlato ai suoi figli e non avrei mai immaginato di doverlo fare oggi, in sua morte. Enzo ha qualche anno più di me. L’ ho conosciuto a Radio San Salvo, di cui era famoso come Sebon, Angelo Pagano, Packi e tutti quelli che ci trasmettevano alla metà degli anni settanta. Non ci siamo mai persi di vista. Ogni tanto ci vedevamo dai comuni amici Alfonso ed Antonio. L’ultima volta che siamo stati insieme è stato al compleanno di Fabio, seduti l’uno accanto all’altro ed è stato lui a parlarmi dei suoi tre gioielli. Poi ha voluto il mio numero per mandarmi i giornali di una rassegna stampa che riceveva online. Era un gesto semplice, di disponibilità e di amicizia, tanto che quella volta rividi in lui Adelmo, suo padre, che avevo stimato quando io ero ancora un ragazzino. Più tardi Fabio mi continuava a dire che le cose si stavano mettendo male per Enzo, fino ad oggi che mi ha scritto della sua morte, lasciandomi triste, perché se ne va un amico. Ma sicuramente fra una quarantina di anni alla figlia di Claudia qualcuno dirà: “Ah, ma che brava persona che era tuo nonno”. E lei sarà come me: felice, pur non avendolo praticamente conosciuto quel nonno, di cui essere orgoglioso per tutta la vita.
Ods
©RIPRODUZIONE RISERVATA