Padre, figlio e spirito ....bullo
Giorni fa un mio amico mi detto "Ora' mi è successa una cosa con mio figlio, che vorrei che tu da sociologo mi aiutassi a capire". Dimmi pure, gli ho risposto io. "Stavo conversando con mio figlio senza essere particolarmente autoritario, tu che mi conosci
sai che non lo sono..." In effetti non lo sei, ma continua pure. "Ad un certo punto, lui mi blocca e mi fa: se tu sei aggressivo con me, allora lo divento anch' io". E tu che hai fatto? "Lì per lì sono rimasto interdetto, ma sono riuscito a dire " Guarda che io sono tuo padre... " Bravo! E come è finita la conversazione? "È finita, perché lui ha detto che se continuavo con quel tono avrebbe chiuso ed io gli ho risposto che per me la conversazione si chiudeva li ".
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Conosco il mio amico da sempre e suo figlio da quando è nato. Si tratta di due persone intelligenti e generose, che si vogliono bene ed hanno rapporti normali tra loro e con gli altri. Il figlio è educato e molto bravo a scuola. L' asimmetria rilevata nella conversazione riferitami può essere una richiesta inconscia del ragazzo di essere aiutato dal padre, che lo porta a leggere in modo aggressivo un normale tono paterno con conseguente bisogno di eguagliarlo, proprio per scaricare la sua aggressività e cercare di affermare la sua personalità ancora non definita. Si tratta di un ragazzo che cerca un posto nella vita e nella società, ma non ancora si sente riconosciuto e quindi graffia per affermarlo. E con chi lo fa? Proprio col padre che indubbiamente gli vuole bene, ma che bene ha fatto a non cedere e a chiudere la conversazione ribadendo il suo ruolo. La dinamica mentale del ragazzo in fondo è la stessa di quei suoi coetanei che umiliano i professori, in quanto fragili ed ambiziosi, intelligenti e vogliosi di trovare rispetto dagli adulti di riferimento. Costoro per affermarsi cercano un rapporto alla pari o addirittura superiore con gli altri. Chi si mostra più debole (si tratti di insegnanti o di coetanei) viene umiliato. Per questo non bisogna cedere e tenere la barra, come ha giustamente fatto il mio amico col figlio, ricordandogli di esserne il padre. Lo stesso deve fare il professore: mai mostrarsi debole. E quando arrivano i genitori a scuola a protestare col preside, i docenti siano forti e non abbiano timori, riaffermando il loro ruolo che non è alla pari coi ragazzi, come non lo è quello del mio amico col figlio. I ragazzi bulli e arroganti a scuola sono fragili e figli di fragili che trasmettono fragilità, la quale a sua volta diventa aggressività dovuta - ripeto- al bisogno di affermarsi socialmente, scolasticamente e nella famiglia. Eppure il posto nella società, nella scuola e in famiglia lo si conquista col sacrificio e col rispetto. Il mio amico fa bene a comportarsi da padre. Farebbe male a passare per fratello o peggio per il figlio... del figlio. La natura ha stabilito una gerarchia tra padri e figli che non va invertita: guai a quei padri che diventano figli dei figli. Nel processo di socializzazione si è stabilito la gerarchia docenti-discendi che serve alla trasmissione del sapere umano. I professori ed i presidi ribadiscano di essere tali di fronte agli alunni ed alle loro famiglie. E se serve anche di fronte ai giudici. Non si spaventino di avvocati e genitori che minacciano denunce. Affrontino a testa alta eventuali inchieste o giudizi, perché i giudici italiani sanno valutare chi è padre e chi è figlio, chi insegna e chi impara e cosa è bene e cosa è male. Proprio come il mio amico, il quale, facendo autorevolmente il padre, ha fatto il bene del figlio e di questa società, che sta perdendo il senso delle cose.
Orazio Di Stefano