Editoriali

berlusconi silvio

Il Governo della non sfiducia

“Finirà con un Di Maio – Salvini…” questo pubblicai il 22 aprile scorso su richiesta di un mio vecchio amico (ora posso svelare anche di chi si tratta: l’ingegner Giovanni Mariotti). Il quale mi chiese una previsione ed io la feci. Ovviamente, come si può rileggere

ora per allora, scrissi che la formazione del Governo giallo-verde sarebbe dipesa da alcune variabili, tra cui la più importante era (ed è) la relazione politica tra Salvini e Berlusconi. Inutile nascondere  che personalmente avrei preferito un governo giallo-rosso. Ovvero delle 5 Stelle con Leu. E non essendo possibile questo per ragioni numeriche avrei visto di buon occhio un’ alleanza 5 Stelle – Leu – Pd. La qual cosa sarebbe dipendeva dalla variabile opposta, ossia da Matteo Renzi. Se quest’ultimo avesse dato il placet, come l’ha dato Berlusconi, forse non avremmo avuto un Di Maio – Salvini, ma un Di Maio – Martina. Ora, però, cosa fatta, capo ha. E bisogna fare i conti con questa realtà politica, anche se va detto che nell’eterno gioco dell’oca della politica italiana (o quanto meno della nota creatività linguistica) rispunta il Governo della non sfiducia.

Il primo Governo della non sfiducia fu il III Governo Andreotti, (in carica dal 30 luglio 1976 al 13 marzo 1978,  che superò la votazione di fiducia in Parlamento grazie all'astensione del Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer). Quello che sta per formarsi supererà la votazione di fiducia grazie all’astensione di Forza Italia di Silvio Berlusconi. Non sappiamo ancora se quest’ultimo farà votare contro a favore o addirittura si orienterà proprio verso l’ astensione in aula. In ogni caso si tratterà di astensione politica, poiché senza il placet del Cav. Savini non avrebbe fatto l’accordo con Di Maio e noi tutti avremmo votato a luglio.

Come finì quell’esperienza ? Per gli astensionisti dell’epoca finì molto male: il Pci, alle elezioni successive del ’79, perse il 4%. Politicamente il partito del sistema che, all’epoca era la Dc, generò il “preambolo”, che fece gli superare la linea della “solidarietà nazionale – compromesso storico” coi comunisti ed aprì la strada all’ultimo centrosinistra della Prima repubblica coi socialisti di Bettino Craxi, per dodici anni consecutivi.

Trentanove anni dopo, ovviamente, la situazione nazionale ed internazionale è cambiata. Ma anche allora la dinamica era sistema – antisistema. Le forze antagoniste cercavano spazi di governo dei processi sociali ed economici (addirittura con la lotta armata, dopo le devianze sessantottine e del ’77). Le forze della protesta (che spingevano per una evoluzione del quadro politico) furono deluse e si rifugiarono o nel famoso “riflusso edonistico degli anni ‘80” e in quello che fu, a sinistra, il partito più corsaro e riformista del momento. Purtroppo, il sistema, che se ne era servito, lo scaricherà e massacrerà, perché si era messo a difendere troppo l’economia pubblica, mentre le multinazionali e l’Europa stavano per andare verso la privatizzazione della politica e delle politiche pubbliche. Sulla base di questo precedente, è possibile fare delle comparazioni di prospettiva.

L’astensione azzurra sarà probabilmente penalizzata (come fu quella del Pci di allora): gli italiani sono inguaribili tifosi e non amano chi, sia pure responsabilmente, non è “né carne e né pesce”.

M5S, interessantissimo e nuovissimo fenomeno sociale “neo centrista” (nel senso che è stato capace, fino ad ora, di contenere al proprio interno aree di destra e di sinistra), manterrà il suo peso elettorale se saprà imporre politiche pubbliche “stataliste”, come quelle imposte dell’area laico socialista degli anni ’80. Ma allora era possibile farlo, ora il rigore degli eurocrati lo rende difficile.

La Lega, altrettanto interessante fenomeno sociale che coniuga la destra populista all’efficientismo delle Giunte locali nei territori più ricchi del Paese, manterrà il suo peso elettorale se saprà imporre politiche restrittive, con risposte vere sul piano della sicurezza pubblica.

In pratica, se M5S e Lega daranno risposte concrete potranno diventare il centro della nuova fase politica, ancor più perché il berlusconismo è alla fine non foss’altro per ragioni anagrafiche del suo leader unico e carismatico. Ma può anche essere che M5S e Lega non ce la facciano a soddisfare le aspettative che hanno suscitato.

In tal caso il Pd potrebbe tornare centrale, come accadde alla Dc negli anni sopra ricordati, che però fu abile prima con De Mita e poi con Forlani. Seppe allearsi coi socialisti e tenere aperto il forno comunista. E lo potette fare, perché non perse mai il contatto con la propria base di riferimento.

 Il Pd dovrà traversare il deserto, ricostruire con LeU, saper fare l’opposizione (e non ne è più abituato), mantenere le relazioni internazionali (e al Quirinale non ha più Napolitano, il cui eccessivo filo euromercatismo tanto danno ha fatto alla sinistra) e riconquistare il credito presso i ceti medio-bassi. Potrà farlo, ma gli riuscirà alla sola condizione di saper recuperare il contatto con la propria base.

                                                                                                                      Ods