IL "MASTRO" CON GLI OCCHI DA BAMBINO.IN UN ATTIMO LA NOSTRA VITA PUO' CAMBIARE
In passato, i mestieri si tramandavano da padre in figlio. Anche Rocco Castorio, personaggio della nostra microstoria salvanese, ereditò l’attività lavorativa dal padre Gioacchino (maste Giacchène). Rocco di carattere allegro e spensierato e occhi profondi, dopo aver frequentato la scuola elementare, ancora fanciullo, collaborò con il padre Gioacchino a tenere in ordine la bottega di fabbro ferraio. In poco tempo diventò alto e robusto.
Assestava colpi terribili sui ferri arroventati dalla brace. A 14 anni, purtroppo, gli morì improvvisamente il padre. Prima di riprendersi dal dolore estenuante, passò un bel po’ di tempo. Arrivò il momento di prestare il servizio militare. Fu assegnato in forza al 73° Reggimento ‘Artiglieria’ di Torino. Dopo qualche mese di servizio, gli arrivò l’invito dall’ Accademia Militare di Pinerolo a partecipare ad un importante corso di formazione in mascalcia equina, attraverso cui acquisì le competenze per la ferratura dei cavalli e gli elementi fondamentali della medicina veterinaria. Risultò tra i più bravi. Terminato l’obbligo di leva tornò a San Salvo. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale fu inviato a combattere verso la frontiera greco-albanese. Arrestato dai soldati tedeschi, fu fatto salire su un treno merci diretto in Germania ad aiutare le aziende agricole in difficoltà. Una mattina, per fuggire durante un bombardamento a tappeto degli aerei alleati fu ferito gravemente al piede da una scheggia di granata. Dopo l’intervento chirurgico, rimase claudicante. La madre dopo quasi sei anni ad aspettarlo, fece celebrare una messa in suffragio. La guerra (finalmente) finì completamente. Dopo lunghe e dure traversie, Rocco stanco, logoro, rinsecchito per la fame, fece ritorno a casa. La mamma, quando lo vide, non lo riconobbe. Dopo poco tempo riaprì la bottega di fabbro. Si sposò nel 1951 con Adele Cardarella. Il lavoro tornò a fluire copioso. Tutti conoscevano Rocco per la precisione e la grande passione che infondeva nel suo lavoro di fabbro ferraio. Partivano dai paesi limitrofi a ferrare le bestie nella sua bottega. Oltre alla esecuzione perfetta della ferratura, fabbricava strumenti da lavoro per l’agricoltura, tra essi cesoie, falci, zappe, bidenti e roncole. Dopo le grandi prospettive lavorative dei primi anni ‘60, i mestieri e i prodotti artigianali subirono una improvvisa regressione a causa dello sviluppo di moderne tecnologie e di nuovi servizi di comunicazione. La meccanizzazione del lavoro agricolo rese il mestiere di fabbro ferraio non più necessario. Mast’ Rocc’ rimase inoperoso (Chiude ssa putèche ca s’è fatt sere, è longh la jurnàte senza fatìje). Si fece, perciò, taciturno, triste, pensieroso. Dio è accanto a tutti, soprattutto nei momenti difficili. Aveva i figli da mantenere agli studi, ma riuscì lo stesso a farne due ottimi professionisti. Mast’ Rocc’ il maniscalco umile, buono con due occhi da bambino, si ammalò gravemente e morì il 27 novembre del 1995. Siamo sicuri che Rocco Castorio lu ferrare se ne sta in Cielo a braccia conserte con un sorriso soddisfatto.
Michele Molino