Il progetto si chiama Campo libero e nasce nell’estate 2016 dalla tesi di Andrea Sebastianelli, abruzzese, e Stefania Zanetti, trentina: entrambi studenti 25enni, iscritti al master in Eco Social Design alla Libera Università di Bolzano;
insieme si sono occupati di analizzare il contesto agricolo dell’Alto Adige e hanno notato che si stava sviluppando un movimento nascente intorno alla coltivazione della canapa come rivalutazione di una coltura moderna e più sostenibile.
L’obiettivo è creare una vera e propria nuova filiera legata alla coltivazione della canapa in Trentino Alto Adige, con le successive ricadute sui processi di lavorazione e produzione di un’alternativa green alle plastiche sintetiche.
Non è ancora una impresa vera e propria, ma se le sperimentazioni in corso daranno ragione ai suoi giovani ideatori l’economia della canapa potrebbe avere ottime possibilità.
La storia racconta che fino agli anni ’40, l’Italia era uno dei più grandi produttori europei di canapa e l’industria ad essa collegata stava vivendo uno sviluppo fiorente. In seguito, con l’avvento delle plastiche e delle materie sintetiche, come il nylon, e con la successiva proibizione di tutte le colture contenti THC (il principio attivo della cannabis), la coltivazione della canapa ha subito un arresto che si è protratto per quasi cinquant’anni. Nei primi anni 2000, grazie a politiche più attente e scrupolose, anche l’Italia è tornata a far parte di quei Paesi che hanno legalizzato e certificato questa pianta.
Il Trentino Alto Adige è stata una delle prime regioni italiane che ha scelto di reintrodurre la canapa come alternativa alle forme di agricoltura tradizionali. Nel tempo, però si sono perdute le conoscenze tecniche necessarie per la trasformazione della pianta in altri derivati. Il lungo periodo di proibizionismo ha anche fermato lo sviluppo di nuovi macchinari legati alla trasformazione e a una lavorazione ottimale della canapa, rendendo pressoché impossibile il suo utilizzo come materiale concorrente, per prezzo ed efficacia, rispetto alle plastiche comuni.
Attualmente la coltivazione della canapa è legata principalmente ai sementi per la produzione di olii e farine biologiche e al canapulo (la parte legnosa della pianta) per le costruzioni in bioedilizia, ma c’è spazio anche nel tessile. Il problema moderno è però legato alla morte della filiera della trasformazione della fibra. Tutta la parte fibrosa della pianta, che negli anni ’50 veniva utilizzata dalle nostre nonne per fare tovaglie o abiti, viene oggi abbandonata nei campi. I tessuti in canapa che si trovano oggi in Italia provengono tutti dall’estero, acquistati dalla Cina, dai Paesi dell’Est o dalla Francia. L’obiettivo del progetto è quindi quello di riportare in vita la filiera dalla canapa facendola rinascere anche come tessuto.
Il progetto ha trovato il sostegno di ITAS (Istituto Trentino-Alto Adige per Assicurazioni, la compagnia assicuratrice più antica d’Italia fondata in Trentino nel 1821): ITAS ha collaborato nella realizzazione di un decorticatore per la trasformazione della canapa nel territorio altoatesino e la realizzazione di elementi d’arredo e di design con il materiale ottenuto. Un primo prototipo è già stato testato, il macchinario definitivo invece sarà pronto a breve, con pezzi fatti arrivare appositamente dalla Cina.
Con questo strumento verrà così realizzato un piccolo macchinario mobile in grado di processare lo stelo e di raccogliere e ripulire la fibra già nei campi per ottenere una materia grezza con la quale realizzare prodotti tessili di vario tipo (scarpe, tappeti, tendaggi). Il progetto sino ad ora ha coinvolto una ventina di contadini del territorio di Trento e Brunico, una decina di artigiani tra Bolzano e Trento e il Museo di Bressanone dove è presente il Labirinto della Canapa. Proprio il comune di Bressanone ha aperto all’utilizzo della canapa inutilizzata usata per costruire il labirinto; verrà trasformata in oggetti da vendere al prossimo mercatino di Natale. La lavorazione è stata affidata a una onlus che crea occasioni di integrazione e lavoro per persone fragili.
In questo modo si è già creato un vero e proprio network d’appoggio e di condivisione in cui il consolidamento di un tessuto locale ben fitto ha portato alla produzione effettiva di un tessuto fisico.
Dal contadino all’artigiano, un network di conoscenze e condivisione. Il primo step del progetto ha già visto la collaborazione con un calzolaio della zona di Bolzano, con il coinvolgimento anche di signore esperte nelle lavorazioni a maglia, per realizzare due tipi di calzature. Questa prima cooperazione ha visto la nascita del prodotto ‘dal seme alla scarpa’, anche se si è usato prodotto non strettamente locale (comunque italiano).
“In un momento sociale come il nostro, dove tutto sembra difficile e complicato per noi giovani, ITAS ha reso tutto più semplice e accessibile, sostenendoci nella fase dell’acquisto del macchinario”, commenta Andrea Sebastianelli, ideatore del progetto. “Questa scelta dimostra la grande attenzione posta dalla compagnia sulla sostenibilità e sull’impatto sociale che questo macchinario permette di generare. Utilizzare materiale che attualmente viene scartato, e aggiungere abilità artigianale e creatività, consente di generare un valore in qualcosa che sostanzialmente non ne ha e che andrebbe buttato”.
In questo senso, il Trentino Alto Adige può essere visto come il punto di partenza per dare il via ad altre produzioni in giro per il Paese, ridando vigore alla cultura dei manufatti anche in altre regioni. Campo Libero pensa a dar vita a una sorta di stazione mobile che parta dall’Alto Adige e che si muova via via nel resto d’Italia, dove incontrerà altre conoscenze, altre piante, altri contadini e altre persone. Ogni posto racconterà la sua storia e il suo modo di vivere l’artigianato: “Pensiamo ad esempio a Macerata, che prende il nome proprio dalle attività di macerazione della canapa. Questo modello di economia circolare si può applicare ad altri contesti”, aggiunge Sebastianelli.
Oggi Campo Libero sta sviluppando nuovi oggetti di design insieme ad altri artigiani locali, in particolare per la realizzazione di tappeti e tendaggi, ma anche di una sedia intrecciata.
E il Trentino Alto Adige diventa la prima tappa per una nuova economia della terra: la canapa può essere coltivata ovunque in Italia, ha una grande adattabilità climatica (resiste fino ai 2000 metri di altezza, sia in condizioni di siccità che di forte piovosità). Inoltre, ha anche la caratteristica di essere un ossigenatore per ripulire i terreni, inserendosi alla perfezione in una coltivazione di rotazione e alternanza.
“Abbiamo scelto di finanziare il progetto perché crediamo in questa piccola scommessa – spiega la compagni assicuratrice – . Più che la ricaduta economica, abbiamo colto il potenziale in termini di valori e condivisione. Crediamo molto in questo tipo di dinamiche. La piccola scala è funzionale per elaborare progetti che possono avere una valenza anche nazionale. Come Mutua, vogliamo andare incontro alle piccole identità territoriali che, di fatto, sono il vero cuore dell’economia italiana”.
dal Sole 24 ore