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L’INTRANSIGENZA DELLA MAGNACCA E LA (PROBABILE) REAZIONE DEGLI ALTRI

Da quanto traspare dal Congresso di Fratelli d’Italia di San Salvo, Tiziana Magnacca ha bacchettato coloro che starebbero aprendo “opportunità e varchi al Pd”, peraltro tacciato di “infamia morale”. L’assessore regionale non li cita, ma è chiaro che abbia voluto riferirsi ai tre dissidenti del presente (Alfonso Di Toro, Nicola Di Ninni e Giancarlo Lippis) ed ai dissidenti del passato (Nicola ArgiròTonino Marcello e Fabio Raspa).

Questi ultimi hanno sostenuto un progetto elettorale diverso proprio perché erano stati trattati con “intransigenza”: Argirò non fu (ri)candidato nel 2017 e Marcello subì la oramai nota “fregatura” alle regionali del 2019. Rammentiamo che se quel progetto elettorale (che la Magnacca chiama “opportunità per il Pd”) fosse stato condiviso da un altro centinaio di elettori sansalvesi la storia, anche regionale, sarebbe stata diversa. Ma tant’è.

 

Inoltre, i dissidenti del presente non si sono alleati col Pd. Hanno semplicemente costituito un gruppo consiliare chiedendo di partecipare alle scelte amministrative e sono ancora collocati in maggioranza: Di Ninni è addirittura diventato il coordinatore locale del partito fondativo del centrodestra ossia Forza Itala.

A proposito di maggioranze, anche a livello nazionale Matteo Salvini sul riarmo europeo ha una posizione diversa da GiorgiaMeloni, ma quest’ultima media con lui per trovare una posizione unitaria. Perché Meloni “consente” a Salvini di avere una posizione diversa dentro il centrodestra nazionale, mentre Magnacca non consente a San Salvo popolare liberale di averla a livello locale? 

Perché due anni fa sono andati a chiamare Di Toro (la cui provenienza era nota)? Non ci risulta che l’ex vice sindaco bramasse dalla voglia di candidarsi, anzi…forse allora lui serviva, visto che senza i suoi voti probabilmente il centrodestra sarebbe andato all’opposizione e Donna Tiziana non avrebbe fatto il pieno di voti alle regionali? La storia non si fa coi se, ma è giusto domandarsi: perché prima lo avete candidato e ora non lo state a sentire? 

In sostanza, vogliamo dire che tutte le intransigenze portano agli scontri. L’intransigenza della Magnacca (che evidentemente si sente forte per il potere acquisito come assessore regionale) la porta a ragionare non come leader di coalizione, ma come leader di partito (e per questo fa un secco richiamo al “senso di appartenenza”), chiudendo ad un gruppo di maggioranza, reo di essere costituito da uomini liberi e non yes men: l’Amministrazione comunale non è un monocolore FdI, ma una coalizione di liste civiche che fanno riferimento al centrodestra.

E comunque alle prossime comunali cosa si dirà ai dirigenti di Forza Italia? Che non potranno essere in coalizione con Fratelli d’Italia? Che la lista di Forza Italia dovrà avere candidati graditi? Forse l’assessore regionale si sente così forte da voler far andare Fratelli d’Italia da sola per costituire un monocolore?

A cosa porterà questa intransigenza? Se si continuerà nei termini che si sono visti al congresso, probabilmente si arriverà ad uno scontro non molto lontano coi tre dissidenti per poterli poi tacciare nella (successiva) campagna elettorale di tradimento. Ma è tradimento o lesa maestà? 

Maestà, nemmeno nelle monarchie assolute erano tutti cortigiani, figuriamoci nelle democrazie avanzate!

Ods

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